Davidia Zucchelli, Finanza sostenibile, una nuova consapevolezza

L’economia si definisce sostenibile quando consente di raggiungere lo sviluppo e la crescita nel rispetto dell’umanità e dell’ambiente. La finanza può essere definita tale quando a sua volta supporta un’economia sostenibile. Sono definizioni evidentemente molto semplificate, ma è tuttora difficile riportarne una esaustiva, poiché si tratta di un tema in divenire, i cui confini non sono tuttora chiaramente delineati. 

Con questo breve scritto intendo soffermarmi a riflettere sulla posizione assunta dalle banche e dalle istituzioni finanziarie nel processo di trasformazione in atto tanto nei Paesi con economie più “avanzate”, quanto in quelli che si è soliti definire, con una certa imprecisione, “emergenti”. 

Quella che segue non vuole certo essere una analisi delle responsabilità etiche di tali istituzioni. Le banche sono espressione dell’umanità del loro tempo, come ogni altra entità (enti e istituzioni, pubblici e privati), sia essa economica e/o sociale (scuola, ospedali ….). La finanza, per quanto astrusa, complessa, ostica, è anch’essa un’attività umana. Ed è proprio in un ambito percepito come avverso, che è necessario soffermarsi a riflettere su cosa significhi realizzare – o almeno perseguire – obiettivi sostenibili, come definiti dalla normativa internazionale e nazionale e dalla prassi che si va diffondendo. 

Come il passato ci ha mostrato, anche le banche possono cadere in comportamenti inadeguati, eticamente discutibili, ma oltre a svolgere un’essenziale funzione di intermediazione, esse sono ora chiamate ad assumere un ruolo primario nel controllo e nella guida di taluni profili sociali e ambientali. 

Fonti normative e operative

Le tematiche ESG – environmental, social and governance – comprendono il complesso di attività necessarie per realizzare investimenti che possano dirsi responsabili in quanto attenti agli aspetti di natura ambientale, sociale e di governance. Da tempo, esse sono oggetto di attenzione non solo delle autorità centrali, ma anche degli operatori economici. Il coinvolgimento diretto delle banche nelle problematiche ESG è invece più recente, benché in rapida crescita. 

Al riguardo occorre considerare che, sebbene la triade Environmental, Social and Governance sia spesso considerata inscindibile, per il mondo bancario a essere diventato centrale negli ultimi anni è il tema ambientale, specie per ciò che concerne i problemi legati al cambiamento climatico, essenzialmente in ragione dell’esposizione verso questa tipologia di rischio di molte controparti.

Si tratta peraltro di profili di rischio che determinano il valore stesso delle banche – a cui gli amministratori che le guidano sono ovviamente molto attenti – e che sono oggetto di analisi da parte di investitori ed agenzie di rating da tempo. Nuova è l’attenzione con cui vengono seguiti, sostenuta dagli accordi internazionali che sono stati raggiunti negli anni scorsi, volti a promuovere investimenti in linea con i principi ESG, fra i quali in particolare l’Accordo di Parigi e l’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, entrambi del 2015. Un impulso determinante è derivato dal Piano d’azione europeo per la Finanza Sostenibile, emesso dalla Commissione europea nel 2018. Tali provvedimenti riguardano specificamente le banche, poiché esse coprono gran parte dei sistemi finanziari in tutto il mondo, ma anche perché hanno una expertise nella gestione dei rischi che le rende capaci di evitare che il rispetto della sostenibilità possa realizzarsi a scapito della stabilità finanziaria.  

La conversione verso forme di finanza sostenibile non è richiesta solo dalla regolamentazione, anzi in molti casi il ruolo degli ambientalisti e della società civile è stato determinante nell’attivare le autorità competenti. Gli stakeholders bancari (i clienti in primo luogo) si dimostrano sempre più interessati alle problematiche ESG e chiedono che le decisioni di asset allocation siano in linea con i Principles for Responsible Investment

Ne consegue che le banche sono sempre più sollecitate a rifocalizzare i loro obiettivi strategici verso la sosteniblità e ad effettuare ulteriori rilevanti investimenti, finanziari ed organizzativi. La spinta ESG potrebbe però offrire loro la possibilità di entrare in nuovi mercati (con prodotti remunerati, che consentiranno una più ampia diversificazione operativa) e di essere in sintonia con gli investitori sensibili al tema, un’opportunità questa per riconquistare appieno la fiducia della clientela.

Le aree ESG

La Commissione europea, nella sua definizione di finanza sostenibile, ha indicato fra gli obiettivi essenziali il contributo della finanza a una crescita sostenibile e inclusiva, in particolare, attraverso il finanziamento delle necessità di lungo termine della società. L’inclusione – aspetto fondamentale che rientra nella sostenibilità – riguarda sia la raccolta del risparmio (l’accesso ai conti correnti) sia l’erogazione del credito (l’accesso al credito) che devono soddisfare criteri di adeguatezza economica ma sono nel contempo necessari per il funzionamento dell’economia.

D’altra parte, il coinvolgimento delle banche nelle tematiche ESG avviene in molti modi, a volte direttamente, altre indirettamente, spesso in maniera complessa. Di seguito se ne vedranno alcuni degli aspetti più rilevaniti.

Il rischio ambientale 

Il rischio connesso all’attività di credito, cioè all’erogazione di finanziamenti a imprese e famiglie, è il più rilevante. È noto il peso che le sofferenze – cioè i prestiti non rimborsati – hanno avuto negli ultimi anni, con conseguenze pesanti sia per le banche sia per la collettività che in non pochi Paesi (europei, ma non solo) ha dovuto partecipare al ripianamento delle perdite. 

L’attività di credito comporta la valutazione delle nuove tipologie di rischio ESG. In quest’ambito, la banca è coinvolta perché può subire il fallimento delle imprese finanziate, ma anche nel momento in cui esercita la funzione creditizia, ovvero quando decide preventivamente quali imprese finanziare e a quali condizioni.

L’attuale prevalenza delle problematiche ambientali emerge nel fatto che ora trovano maggiore diffusione gli strumenti green, piuttosto che altri prodotti social volti alla tutela dei diritti umani o del lavoro. Le emissioni di prestiti e di obbligazioni green sono attese in forte aumento sostenute da una domanda crescente da imprese green anche per il fatto che possono beneficiare del minor costo che il mercato riconosce al ricorso al debito green e a quello ESG. Esse offrono interessanti opportunità di investimento, poiché il rischio di mancato rimborso è in genere inferiore rispetto a quello di imprese analoghe, ma non green

L’esposizione diretta delle banche al rischio ambientale non è elevata. Si tratta piuttosto di una esposizione indiretta che può essere mitigata attraverso un’adeguata diversificazione sia per settore sia per area geografica e da appropriate coperture. Una elevata esposizione al settore agricolo rappresenta un fattore di debolezza. Le banche agricole attive in Africa e in America Latina sono pertanto più direttamente esposte ai rischi ambientali rispetto alle loro concorrenti in altri continenti. In Etiopia, Kenya o Rwanda, l’agricoltura copre oltre il 30% del PIL. 

La posizione delle banche nei paesi con economie più evolute è avvantaggiata dalla possibilità di stipulare adeguate coperture assicurative. Al riguardo basti pensare al rischio uragani negli USA, che, essendo coperto da sussidi pubblici e da speciali forme assicurative, ha avuto effetti rilevanti, ma sicuramente inferiori a quelli che analoghi eventi avrebbero prodotto in Paesi finanziariamente meno strutturati.

Le tematiche sociali 

La pandemia ha amplificato le problematiche sociali, già aggravatesi con la crisi internazionale del decennio scorso, facendone emergere i contenuti morali ed economici. 

Un fattore ritenuto in passato un punto di forza, ma che si è poi affievolito con l’affermarsi della digitalizzazione e dell’online banking, è il legame con il territorio. La funzione-obiettivo delle banche locali spesso non consiste solo nel ritorno economico degli investitori nel capitale, ma considera esplicitamente i benefici per le diverse categorie di stakeholder. Le banche locali si caratterizzano anche per processi di erogazione del credito maggiormente basati sulla conoscenza diretta della clientela e sull’informazione non strutturata, la cd. soft information, che possono attenuare l’impatto sul territorio degli shock negativi in termini di sostegno finanziario all’economia. 

Al tempo stesso, però, i medesimi fattori distintivi delle banche locali le espongono a rischi di “cattura” da parte della comunità locale, alle ripercussioni negative (sulla qualità del credito, sugli equilibri di bilancio) di una scarsa diversificazione del portafoglio, alle difficoltà di valutare il merito di credito della clientela quando questa opera in ambiti meno tradizionali per tali banche.

In ambito ESG, fattori sociali possono essere ricondotti a provvedimenti legislativi con finalità di sostegno finanziario in taluni settori economici o in aree territoriali. 

La funzione sociale delle banche è stata ampiamente dibattuta in passato, sotto la spinta delle privatizzazioni che hanno riguardato come noto tutti i settori dell’economia. 

L’intervento pubblico nella gestione delle banche è sempre stato incisivo, ovunque nel mondo in attuazione di obiettivi sociali (si pensi da ultimo alle misure adottate per il Covid-19, quali le garanzie o le agevolazioni concesse). Fra gli esempi locali più rilevanti, in Bolivia, nel 2015 il governo ha imposto alle banche di distribuire una quota minima di credito, a tasso massimo, alle cosiddette industrie produttive e all’edilizia popolare. In vari Paesi dell’Est Europa, a causa del forte deprezzamento del cambio determinato dalla crisi economica del decennio scorso, le banche centrali hanno imposto la conversione in valuta locale dei mutui concessi alle famiglie, a condizioni per loro molto favorevoli. 

Tuttavia, le banche stesse possono assumere comportamenti che danneggiano la collettività, con pesanti conseguenze sulla relazione di clientela per l’intero sistema. Fra gli esempi più gravi, basta ricordare la vendita fraudolenta di assicurazioni o piani pensionistici (mis-selling) nelle quattro maggiori banche inglesi, condannate a pagare multe per 37 miliardi di sterline, accumulate fino al 2018. Nel nostro paese, la cessione di derivati a vari enti locali da parte di grandi banche internazionali rimane una questione irrisolta.  

I temi di ordine sociale possono rappresentare delle opportunità per le stesse banche al fine della costruzione di un rapporto fiduciario duraturo. Una più diffusa inclusione finanziaria e l’agevole accesso ai servizi bancari sostengono lo sviluppo economico di un Paese, ma favoriscono anche la crescita dello stesso sistema bancario. 

Analogamente, nei Paesi emergenti, la microfinanza, se da una parte consente l’accesso al credito a soggetti che altrimenti non lo otterebbero, dall’altra può rappresentare opportunità di business, in ottica di lungo periodo. 

È recente, nel nostro paese, la discussione sul “debito buono” – un chiaro esempio di prodotto finanziario sostenibile, riferito al settore pubblico – quello cioè che si assume a fronte di investimenti e non di spesa improduttiva che non potrà in futuro essere rimborsata, capace di creare benessere sociale sostenibile nel tempo. La selezione degli investimenti “giusti” deve essere effettuata dalle autorità centrali, ma non è escluso che le banche siano chiamate a collaborare alla valutazione e selezione, nonché alla gestione dei rischi (ora nella prospettiva del Recovery o Next Generation Plan della UE), come è stato in passato nella gestione della finanza agevolata. 

Un importante esempio di emissione social è l’Eurobond Sure, destinato al sostegno della disoccupazione nella UE, emesso a fine ottobre per 17 miliardi, che ha ottenuto una richiesta per ben 233 miliardi di euro.

Sono questi solo alcuni esempi, sufficienti però a evidenziare la rilevanza sociale dell’attività bancaria e finanziaria.

I profili di governance

Mentre i profili ambientali e sociali sono guidati da fattori esterni, come la regolamentazione e i cambiamenti demografici, i rischi di governance, ossia di direzione, sono essenzialmente interni alle banche. 

Difetti nella governance determinano in particolare rischi reputazionali, che sono in genere più elevati nelle banche di maggiori dimensioni, perché coinvolgono un maggior numero di persone.  

Una governance carente può portare al coinvolgimento in operazioni di riciclaggio o al mancato rispetto di leggi fiscali, dovute ad un funzionamento non corretto delle procedure interne di controllo, con pesanti conseguenze sulla reputazione della banca stessa e sulla sua capacità di raccolta del risparmio. Fra i più recenti, si pensi al caso della frode bancaria del 2014, in Moldavia, per un valore superiore al 10% del PIL nazionale. 

I fattori di governance sono rilevanti ovunque nel mondo, ma con talune specificità. In alcuni Paesi dell’Est Europa, in particolare Russia e Ucraina, ad esempio la commistione banca-impresa, con forme di controllo incrociato genera pericolosi conflitti di interesse. In Italia, significativo è stato il caso della Banca Popolare di Vicenza.  

Quanto precede mostra chiaramente l’importanza dei profili ESG per l’attività finanziaria e la costruzione di un’economia sostenibile e spiega perché l’aspettativa che le banche adottino elementi di valutazione ESG sta rapidamente crescendo fra gli investitori e nella società tutta. Attualmente tuttavia, gli sforzi appaiono concentrati quasi esclusivamente nell’area ambientale e molto rimane da fare.  

Entrare attivamente nella gestione delle tematiche ESG è occasione non solo di rispettare esigenze considerate ora primarie, ma anche per attuare un nuovo modo di fare banca, che contribuisca alla creazione del valore non solo attraverso indicatori economici ma anche adeguate politiche ambientali, sociali e di governance. Le tematiche ESG rappresentano un’opportunitù per le banche di recuperare la fiducia della collettività, con la consapevolezza dell’importanza del ruolo che esse svolgono e che la società richiede loro, ovvero quello di artefici dello sviluppo sociale ed economico per una crescita realmente sostenibile, equa e inclusiva. 

Fonte: Munera 1/2021

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