Ildebrando Scicolone, Il battesimo

LA FEDE E LA CONVERSIONE

p. Ildebrando Scicolone, osb

    Parlando del Battesimo, o meglio, dell’iniziazione cristiana, bisogna subito fare una distinzione: il caso normale è l’iniziazione di un adulto, mentre il battesimo dei bambini è un caso (non diciamo “anormale”, ma) particolare. La Chiesa infatti non battezza un bambino, se non è richiesto dai genitori, cioè da una famiglia cristiana. Perché?

    Il motivo sta nel fatto che il battesimo, in quanto sacramento, è un segno. Di quale realtà è segno? Certamente della Pasqua di Cristo, che viene resa presente, e alla quale il battezzato prende parte, morendo e risorgendo sacramentalmente con Cristo. Ma è anche sacramento, cioè segno della fede. In Mc 16, 15-16 è riportata una parola di Gesù agli Undici: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato”. La fede è essenziale, tanto è vero che si parla anche di un battesimo “di desiderio”, ugualmente valido per la salvezza, come il battesimo di acqua, perché il desiderio è espressione della fede, che è l’unica che salva. La fede senza il battesimo può salvare, il battesimo senza la fede è nullo. 

    Parliamo perciò di quello che abbiamo chiamato il caso normale, cioè il battesimo di un adulto. La Costituzione Liturgica del Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, scrive: “Prima che gli uomini si accostino alla liturgia, bisogna che siano chiamati alla fede e alla conversione”. E cita Rm 10, 14-15, dove Paolo, dopo aver citato Gioele 3, 5 “Chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvato”, continua: “ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che l’annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati?”. Paolo elenca una serie di azioni successive: gli apostoli sono inviati, annunciano il vangelo, gli uomini ascoltano, poi credono, intendono cambiare vita (cfr Atti 2, 37: “all’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero…: Che cosa dobbiamo fare, fratelli?”), e solo dopo vengono battezzati (“invocano”). 

    La Tradizione Apostolica dedica sette capitoli al processo con cui un adulto diventa cristiano. Il rito del battesimo, anzi la celebrazione dei tre sacramenti della iniziazione, è descritta nell’ultimo, mentre il primo ha questo titolo: “Coloro che si accostano per la prima volta alla fede”, e inizia così: “Coloro che si presentano per la prima volta ad ascoltare la parola, siano subito condotti alla presenza dei dottori, prima che il popolo arrivi, e sia loro chiesto il motivo per cui si accostano alla fede”. Seguirà il periodo dell’ascolto della catechesi catecumenale, e solo dopo aver dimostrato di credere e di avere imparato a pregare e a praticare la carità, siano “scelti”, per essere ammessi al battesimo. Questo poi avverrà con una triplice immersione nell’acqua in seguito alla triplice professione di fede (“Credo”) nella santa Trinità. Si vede chiaro in quest’antica formula battesimale, che il battesimo è il segno, ossia il sacramento della fede.

    Ma che significa “credere”? Non si tratta di credere che Dio esiste, o che Gesù sia il Figlio di Dio, o che sia morto e risorto. Non si tratta nemmeno di credere a quello che Gesù ha insegnato. Si tratta di credere in Dio e in Cristo, e nello Spirito Santo. Nel Credo diciamo così: Credo in un solo Dio… E in  Gesù Cristo… Credo nello Spirito Santo. Poi si dice: Credo la Chiesa ( non nella Chiesa!). Ora “credere in”, significa “fidarsi di”, “affidarsi a”, “appoggiarsi a”, “buttarsi in”. La preposizione in con l’accusativo, indica un movimento verso, un moto a luogo. Credere in Cristo Gesù, significa “votarsi” a lui, vivere per lui. Per cui il credente, come Paolo, deve poter dire: per me, Cristo è la vita, ossia senza Cristo, la vita non ha senso. Questa è la conversione, simile a quella che Dio ha operato in Paolo. Egli è un convertito, non perché prima facesse il male, e poi abbia fatto il bene, ma perché prima viveva per la legge di Mosè, poi comprese che bisogna vivere per Cristo, e come Lui. Il battesimo è un morire a se stessi, per vivere in Cristo. Affogare nell’acqua è il segno che si vuole morire a se stessi, riemergere dall’acqua è un risorgere, o un rinascere, come “nuova creatura”.

    Il fondamento della fede, così intesa, è l’evento della risurrezione di Cristo, e la speranza certa della nostra personale risurrezione. È chiaro che si vive in modo totalmente diverso, se c’è la prospettiva della risurrezione, o se invece si pensa che con la morte fisica tutto è finito. Il cristiano è un uomo che crede e vive per la risurrezione.

    Fede e conversione, a questo punto, si identificano. Perché la “conversione”, non è altro che una vita secondo la fede, una vita coerente con ciò in cui si crede. È chiaro che allora il cristianesimo è esigente: fino all’eroismo, al martirio in tutte le forme possibili, violento, o semplicemente “lento”.

    Se è vero tutto questo, mi domando: quanti battezzati sono veramente cristiani? Hanno ricevuto o posto il segno, ma non hanno accettato la realtà di cui è segno.

    Questa riflessione ci fa passare al secondo punto. La situazione sopra lamentata non potrebbe derivare dal fatto che siamo stati battezzati da bambini? Possono i bambini avere la fede e la conversione prima del battesimo? Certamente no. E come mai allora la Chiesa li battezza? Questa obiezione la sentiamo fare non solo da vari autori protestanti, ma anche da tanti cattolici. Il battesimo dei bambini, prima che una legge della Chiesa, è una tradizione delle famiglie cristiane, anche di quelle meno praticanti. Molti chiedono il battesimo per i loro figli, per far loro una festa, o per “tradizione” di famiglia, o per convenienze sociali; i più vicini alla pratica cristiana, lo fanno “per togliere loro il peccato originale”; ora, se quest’ultima motivazione è buona, è solo l’aspetto negativo del battesimo. Esso è altro, e molto di più. Chi lo deve credere?

    Il rito del battesimo dei bambini inizia con la domanda, che un tempo era rivolta agli stessi bambini, e che ora è rivolta ai genitori: “Cosa chiedete alla Chiesa di Dio?”. E la risposta può essere: “il battesimo” o “la fede”. Il vecchio rituale aveva però solo quest’ultima. Il battezzando chiede la fede. Il battesimo ne è il segno.

    La Chiesa, abbiamo detto, battezza i bambini, solo nel caso in cui la famiglia lo chiede. È necessario quindi che la famiglia abbia la fede. Immediatamente prima del battesimo, viene chiesto ai genitori (e ai padrini) se rinunciano al peccato e se credono nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Una famiglia che così crede, sa di donare al proprio figlio il segno del grande amore per il quale Dio ci fa suoi figli. I genitori credenti sanno che il loro figlio diventa, con il battesimo, “figlio di Dio”, riceve la vita divina. Perciò essi si impegnano a far crescere poi nel figlio quella fede nella quale è stato battezzato. 

    La storia della Chiesa ci dice che, se all’inizio la maggior parte dei battezzati erano adulti, da sempre la Chiesa ha battezzato anche i bambini di una famiglia convertita. Basta ricordare che Pietro battezzò Cornelio e tutta la sua famiglia (Atti 10, 48), e Paolo il carceriere “con tutti i suoi” (Atti 16, 33). 

    La citata Tradizione Apostolica, al cap. 21 precisa: “Battezzate per primi i bambini. Tutti quelli che sono in grado di rispondere da sé, rispondano; per quelli che non sono in grado, rispondano i genitori o qualcuno della famiglia”. 

    Tale “risposta” è la risposta della fede; senza di essa non si dà battesimo. 

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