Ildebrando Scicolone, Sacramento

CHE SIGNIFICA  “SACRAMENTO”?

    Ci domandiamo: “Come è possibile che un evento storico, come la morte e la resurrezione di Gesù, avvenuta circa 2000 anni fa, possa essere resa presente. Secondo la concezione semitica, il memoriale (in ebraico zikkaròn, tradotto in greco con anàmnesis) rende presente l’evento non nella sua storicità ma nella sua valenza, cioè per quello che realizza per tutte le generazioni. Ma come facciamo noi, che non siamo semiti, discendenti della cultura greco-romana, a comprendere questo?

    Io porto un esempio molto semplice: la luce viaggia alla velocità di 300.000 Km al secondo, e la luce del sole per arrivare  alla terra impiega 8 minuti. Ma ci sono delle stelle molto più lontane, non 8 minuti ma anni luce, supponiamo 2000 anni luce. Io vedo una stella e dico: “Guarda com’è bella”. Arriva uno scienziato, l’astronomo, e mi dice: “Quella stella è già spenta, quella luce che tu stai vedendo ora, è partita da quella stella 2000 anni fa”. E allora domando: “la luce che sto vedendo è presente o è passata?” E’ partita 2000 anni fa, ma mi arriva ora. Io ora, in questo momento, ho presente quella luce. Nella Messa l’evento storico della Pasqua (la morte e la risurrezione di Cristo) mi raggiunge ora. Ciò avviene in un rito che noi chiamiamo “sacramento”. 

Sacramento

    Che significa “sacramento”?. E’ un termine latino che sembra indicasse, all’inizio, l’atto con cui un soldato “si consacrava” con il giuramento militare, al servizio dell’imperatore. I cristiani hanno chiamato “sacramento” la loro consacrazione a Cristo vero Re, con il rito del battesimo. Il  battesimo è il nostro sacramento. Da qui poi è passato ad indicare anche altri riti cristiani, soprattutto l’eucaristia. Per spiegare però questo termine, non basta ripeterlo, bisogna spiegarlo con altre parola, ognuna delle quali ci rivela un aspetto particolare del rito celebrato. 

I Padri della Chiesa, specialmente greci, usano diverse parole.

a) Simbolo. 

    Bisogna spiegare questa parola. Essa normalmente è quasi contraria alla parola “realtà“: per es. se uno dice di pagare un affitto simbolico, significa  che non lo paga. Non è in questo senso che noi diciamo che la cena pasquale cristiana, cioè la messa, è un rito simbolico. Dico che la realtà della pasqua storica di Cristo, con tutto quello che significa per l’umanità, si rende presente attraverso e  nel simbolo. Se io dicessi che l’Eucarestia, il pane consacrato è simbolo del corpo di Cristo, voi mi direste che sono un eretico. Ma se questo lo hanno detto i padri della chiesa, specialmente i padri greci. Cosa volevano dire? Che la realtà del corpo di Cristo si rende presente, non così come è fisicamente, ma in simbolo. 

    Porto un esempio che capiscono anche i bambini (pur sapendo che tutti gli esempi “zoppicano”): un biglietto di banca, di 500 euro, è simbolo o è realtà? La realtà dei 500 euro sta nell’oro che è conservato alla Banca d’Italia o alla Banca d’Europa. Però, in un certo modo, e in modo diverso, il valore dei 500 euro di trova in quel pezzo di carta. Dunque è un simbolo reale. Possiamo portare un altro esempio: ho un biglietto del superenalotto, lo compro ad 1 euro; poi i numeri scritti nel biglietto corrispondono (in greco si direbbe symballusin) con i numeri estratti. Appena i 6 numeri corrispondono, quel pezzo di carta che io ho comprato ad un euro, vale (anzi posso dire, diventa) cento milioni di euro, o anche più. Cosa è cambiato in quel pezzo di carta quando i sei numeri corrispondono? Qualcuno mi ha risposto: “E’ cambiata la sostanza”. Fisicamente carta era e carta rimane, ma adesso non mi interessa più se è carta, cartoncino, lamina di zinco o d’oro, mi interessa che lì ci sono cento milioni.  In un modo (fisicamente) sono ancora in banca o al Ministero delle Finanze, ma in un altro modo (simbolicamente) sono nel pezzo di carta. Tanto è vero che non lo conservo più nel cassetto del comodino, ma lo porto in banca, dal notaio, mi faccio fare la ricevuta, perché quel pezzo di carta è (non solo mi ricorda o mi significa, ma è) cento milioni di euro. 

    Fuori dell’esempio: La pasqua di Cristo, non solo il corpo, ma la Pasqua di Cristo si rende presente, in modo simbolico ma reale, nella celebrazione della cena pasquale cristiana. La Messa è il simbolo reale della Pasqua di Cristo.  Secondo il catechismo di Pio X, “i sacramenti sono segni efficaci della grazia”. A me piace dire che i sacramenti, tutti e sette, anzi  tutte le celebrazioni liturgiche sono segni, simboli della Pasqua, sono  riti che rendono presente ed operante la Pasqua. In essi noi diventiamo contemporanei di Cristo. 

    C’è una spia: nel Canone Romano (l‘unica preghiera eucaristica in uso nella Chiesa romana dal IV secolo ad oggi), il racconto dell’istituzione è  più bello delle altre preghiere eucaristiche, e recita: “La vigilia della sua passione, Egli prese il pane nelle sue mani sante e venerabili e alzando gli occhi al cielo, a Te Dio Padre suo onnipotente rese grazie con la preghiera di benedizione, spezzò il pane lo diede ai suoi discepoli e disse: prendete e mangiate tutti: questo è il mio corpo. Allo stesso modo, dopo aver cenato, Gesù prese questo glorioso calice nelle sue mani sante e venerabili…”. Fate attenzione qui: “prese” è un passato remoto, “questo” è un  presente. Come ha fatto Gesù, 2000 anni fa, a prendere questo calice? Vedete, quel “prese”  non è un passato ma un verbo al perfetto:  quel “prese”  supera la storia, per cui possiamo tradurre che Gesù “prende” questo calice. In latino il testo suona  “accipiens et hunc“ (= prendendo anche questo). Li prese tutti?  Quella azione di Gesù si rende presente ora: è partita 200 anni fa ma mi giunge ora. Noi mangiamo con Cristo, non soltanto mangiamo Cristo, perché diventiamo a Lui contemporanei: l’evento passato si rende presente. 

    Questo modo di pensar evidentemente non va d’accordo con la nostra mentalità odierna, per la quale il passato è passato e non torna più.  

b) Immagine

    Per spiegare i sacramenti della chiesa, i Padri non utilizzavano la  filosofia aristotelica, come poi farà S. Tommaso, ma quella platonica. Per Platone, tutto quello che esiste nella realtà di questo mondo è immagine della realtà celeste, dell’ “iperuranio“, ma nell’immagine c’è la realtà. Se Platone ha davanti una bistecca, egli sa che in tanto è bistecca in quanto è l’immagine della bistecca, è, per così dire,  una incarnazione della bistecca. Però, quella bistecca se la mangia e se ne nutre; cioè le cose sono reali,  in quanto sono immagine della realtà perfetta. I Padri dicono che la realtà salvifica, la Pasqua di Cristo,  che  storicamente è  avvenuta in passato, si rende presente oggi in immagine , in simbolo, in sacramento. 

c) Mistero

    Anche questo termine va spiegato, Già prima di Cristo, c’erano nella Grecia, ma anche a Roma, dei riti misterici. In essi, “mistero” indicava un rito, nel quale, attraverso gesti simbolici, si rendeva presente un “mito“. Per mito si deve intendere un evento primordiale avvenuto “in principio“, cioè prima (o fuori) del tempo. In un certo senso, quel mito si rende presente nel rito. Ora questo mito, o tutti questi miti, hanno un significato comune: vogliono spiegare i fenomeni naturali; per es. l’uomo vede che il sole tramonta, ma poi l’indomani risorge; semina un chicco di frumento che muore, ma poi spunta il filo d’erba e poi la spiga. Vede insomma che in natura tutto muore, ma poi risorge. Allora l’uomo dice: “Come fa il chicco di frumento a morire e poi a produrre tanti chicchi? Come fa il sole  a morire e poi a risorgere? Se io arrivo a scoprire il come, io rendo presente in un rito la causa di questo fenomeno, il mito appunto, in modo che io posso partecipando al rito prendere parte al mito“. Il caso del chicco di frumento è il mito di Kore o Proserpina. Il chicco di frumento ogni anno muore e poi risorge, perché ogni anno ripercorre il mito di Kore: una bella ragazza rapita da Plutone, il dio dei morti,che la porta con sé sotto terra; la madre piange, urla, si strappa i capelli (è l’inverno) e poi Giove, il dio del cielo) stabilisce  che per sei mesi Kore starà con Plutone sotto terra e poi quando il sole (Hermes) sale al cielo in primavera, Kore ritorna sopra la terra: questo è il mito. In un rito, attraverso il mostrare una spiga che è la conclusione del processo, si rende presente il mito di Kore: in modo che l’iniziato , partecipando al rito muore  e va sotto terra con Kore, ma quando poi Kore risorge anch’egli risorge e raggiunge la “salvezza“. Ora noi traduciamo il termine “mito” con la parola “favola”, perché inventato dall’uomo. 

    Nei primi tempi, gli autori cristiani, per es. S. Giustino (Apologia, cap. 62), prendono le distanze da questi “miti”. S. Paolo, per es., non usa la parola “mistero” quando parla dei riti cristiani, per es. il battesimo (Rom. 6) o la cena del Signore (! Cor. 11). Ma, nel  IV secolo, entrando in dialogo con la cultura del tempo, i Padri dell’età d’oro della patristica, non temono di usarlo, ragionando così: non è forse vero che per noi cristiani, un figlio di Dio (tali erano i protagonisti dei miti pagani), anzi il Figlio di Dio è andato sotto terra e poi è risorto da sotto terra? Questo è il nostro “mito”, con una  differenza però: mentre i miti  sono fuori dal tempo ed inventati dagli uomini,  il nostro è un “evento storico” avvenuto concretamente  2000 anni,  in quella città, in quel giorno, in quella ora. Questo evento è chiamato “mistero” da Paolo, ed è tutto il piano salvifico di Dio realizzato in Cristo, soprattutto nella sua morte e risurrezione (il “mistero pasquale”.

Questo mistero si rende presente nel nostro rito cristiano. In tanto possiamo chiamare misteri  le celebrazioni e i sacramenti, in quanto sono presenza del mistero salvifico, presenza attiva della Pasqua. Noi, partecipando al rito, partecipiamo anche all’evento. La messa è la pasqua di Cristo, salvezza del mondo che si rende presente perché,  partecipando a quel rito, prendiamo parte all’evento di morte e di resurrezione di Cristo. Come si prende parte alla morte? Morendo, un poco alla volta, a noi stessi. Come si prende parte alla risurrezione? Risorgendo, un poco alla volta, in una vita nuova. Se la partecipazione alla Messa non produce questo progressivo cambiamento di vita, fallisce il suo scopo, e si riduce ad un semplice rito, anche se bello, ed emotivamente attraente.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.