D: Mons. Paglia (Presidente della Pontificia accademia per la vita e Gran Cancelliere del Pontificio Istituto Giovanni Pao II) la vita di ognuno ha percorsi particolari ma che cosa orientativamente suggerirebbe prima di tutto ad un sacerdote e cosa ad un laico?

R: Ad ogni cristiano, prete o laico non importa, suggerirei di tornare a meditare la Parola ed il Vangelo. Da lì nasce la vita del discepolo. Siamo generati dalla Parola. Non a caso il vangelo di Giovanni esordisce con la Parola che si fa carne, che viene ad abitare ciascuno di noi. Custodire pertanto la Parola come ha fatto Maria e lasciarla crescere in noi definisce la vocazione cristiana. E la prima Parola di Dio in Gesù è Amore: il Dio invisibile si è reso visibile nel volto di un Bambino che ci ama e chiede di essere amato. 

Ad un sacerdote di essere un uomo per tutti e per tutte senza conservare nulla per sé. E questo avviene all’altare. Il prete nasce dall’altare e deve tornare all’altare. Francesco d’Assisi diceva che il Natale si ripete in ogni messa. Infatti a Greccio non fece un presepe dio statuine viventi. No, fece celebrare una Messa sulla mangiatoia come altare. Lui diacono cantò il Vangelo. Per un sacerdote l’altare è l’inizio e la fine della sua missione.

Il compito di un laico è di vivere la sua testimonianza sugli altari della vita quotidiana, quelli della famiglia e del lavoro, quelli dell’economia e della politica, quelli della fraternità con tutti. Insomma vivere per rendere giusto e solidale il mondo.

Prete e laico hanno un’unica missione in due dimensioni inseparabili sull’altare della Chiesa e della Creazione.