Intervista a padre Ildebrando Scicolone

  1. Mi può dire qualcosa sulla situazione attuale della Liturgia?

R. Devo articolare la risposta, perché la domanda è troppo generica. Molti per “liturgia” intendono (ahimé!) il modo di svolgere i riti. Ma essi sono solo la veste, con cui ogni comunità cristiana esprime il contenuto della liturgia stessa. “Liturgia” non significa “cerimonie”. 

Prima di domandarsi “come si celebra?”, bisogna chiedersi: a) “che cosa si celebra?”, quindi b)  chi celebra?, e ancora: c)“ perché si celebra?. E rispondo brevemente:

a) I cristiani celebrano “l’opera della nostra salvezza” operata da Gesù Cristo, soprattutto con il suo mistero pasquale di morte e risurrezione”. Hanno celebrato quest’opera, a partire dal giorno di Pentecoste, principalmente facendo cià che Gesù aveva comandato di fare “in sua memoria”. Da allora ogni comunità cristiana lo ha fatto, esprimendosi nella propria lingua, secondo la propria cultura (ebraica, siriaca, greca, copta, romana). Nell’anno liturgico hanno poi “fatto memoria delle varie tappe in cui il disegno salvifico si è realizzato nella vita di Cristo. Così, a poco a poco si è sviluppato quello che chiamiamo l’Anno liturgico con le varie feste del Signore. 

Per partecipare a queste celebrazioni, gli uomini dovevano essere “iniziati” alla fede, con opportune catechesi (evangelizzazione) e con dei riti appositi (battesimo ed eucaristia).

b) Chi è il soggetto celebrante? E’ sempre Cristo, presente nella sua Chiesa, che raduna ancora il suo popolo, parla all’assemblea e spezza ancora il pane per loro, rendendo presente nel tempo la sua offerta al Padre per la salvezza del mondo. Presiede questa assemblea un successore degli Apostoli (vescovo) o un suo delegato (presbitero). Ma dobbiamo dire che è  al fine di tutta l’opera salvifica. Lo esprimono bene le varie preghiere eucaristiche e le altre preghiere rivolte al Padre. 

c) Lo scopo della celebrazione è quello di rendere presente l’evento salvifico, perché gli uomini di tutti i tempi possano “venirne a contatto”. Ciò che presente nell’eternità di Dio, viene reso presente (ri-presentato) “ogni volta” (! Cor 11, 25.26). Lo Spirito Santo che ha operato in Cristo la sua nascita, la sua predicazione, la sua morte e risurrezione, viene invocato su sul pane e sul vino, sull’acqua del battesimo, sull’assemblea e, nei sacramenti, sulle singole persone. In poche parole, invochiamo lo Spirito Santo perché “diventiamo un solo corpo e un solo spirito”. Scopo della celebrazione liturgica è,  quindi, formare la Chiesa come “unico corpo di Cristo”.

d) Come si celebra? Dicevo che ogni comunità cristiana esprime queste realtà  secondo la propria cultura. Ecco perché si sono formate le diverse famiglie e riti litugici, in Oriente e in Occidente. Dal sec. IV si stabiliscono i vari riti latini: romano, ambrosiano, gallicano, hispanico, celtico. Anzi, possiamo dire che ogni Chiesa(diocesi) o Monastero aveva delle proprie liturgie. Nel medioevo il Rito Romano è rimasto sempre più solo, e si è stabilizzato nei vari popoli del mondo di allora, fino a diventare unico per tutto il mondo. Ciò è avvenuto, quando nel 1570 il Papa Pio V ha imposto il Messale Romano (di Roma) a tutta la Chiesa di rito latino, Ma si è conservato anche il Rito Ambrosiano!

2. Qual è la novità apportata dal Concilio Vaticano II ?

R. Il Concilio, in vista del “rinnovamento della vita cristiana tra i fedeli”, si è occupato della riforma del rito romano, non del Messale Romano di Pio V. Il Consilium per la riforma ha utilizzato tutta la tradizione liturgica romana, dall’inizio della Chiesa ad oggi. Così ha riscoperto i libri liturgici precedenti il Concilio di Trento (i vari Sacramentari, Antifonari e Ordines). Ha concesso di poter utilizzare le lingue moderne, “specialmente nelle letture, nelle monizioni e in alcune (?) preghiere e canti. La perdita (nella pratica) del Latino doveva essere compensata dalla maggior comprensione e consapevolezza di ciò che si fa e si dice nella liturgia. Inoltre, gli artt. 37-40 della SC aprono ad un “adattamento della liturgia romana alle varie culture, in un mondo che non è solo europeo, ma globale. Questo immane sforzo di adattamento culturale, non si fa in pochi decenni. Bisogna quindi avere pazienza: saranno necessarie parecchie generazioni.

3) Perché, allora, questo ambizioso progetto stenta a realizzarsi e trova tante opposizioni?

R. A mio giudizio, ma anche a giudizio dell’Episcopato italiano, già nel 1983, a vent’anni dalla Costituzione liturgica, è mancato e manca ancora una adeguata “formazione” liturgica, mentre il testo conciliare la raccomandava prima di parlare della riforma. Siamo in ritardo, ma sempre in tempo. Per es.: è stato arricchito di molto il lezionario: ma quali sono i frutti sperati? Il popolo cattolico non conosceva la Scrittura e non la conosce tuttora. Eppure sono passati 50 anni con un complesso di lezionari, che prima si ignorava. Non è stato convenientemente spiegato il Rito della Messa, che pure è descritto e motivato nella introduzione al Messale. Non è stata fatta una catechesi biblica e liturgica. Non è stato messo in atto, nello studio della teologia, l’art. 16 della SC, dove si dice che “la liturgia deve essere considerata materia principale, e deve essere insegnata sotto l’aspetto teologico, storico, spirituale, pastorale e giuridico”. E non è stato messo in rilievo che quanto si insegna nella dottrina diventa “vita” nel momento liturgico, per la presenza e l’azione dello Spirito Santo,

Le varie opposizioni alla riforma, che non è mai compiuta, e deve essere continuamente riformata, non perché cambia il piano di Dio, ma perché cambiano le generazioni, la lingua e la cultura, si spiegano con la falsa idea che la liturgia risale a Gesù Cristo in persona. Nulla di più anti-storico. La liturgia “di sempre” non esiste, perché la vita in tanto rimane la stessa, in quanto continuamente muta.

4) La Chiesa sembra stia scoprendo in modo rinnovato la misericordia di Dio. Come si può riverberare ciò nella liturgia?

R. E’ al contrario. Non è la misericordia che deve modificare la liturgia, ma è proprio la liturgia compresa e celebrata bene che non ci rivela, ma ci fa sperimentare la misericordia, cioè che Dio “ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio”. E’ la celebrazione che diventa “eucaristia”, cioè ringraziamento, perché in essa riceviamo e continuamente facciamo esperienza della misericordia di Dio: “Dio abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna”. Ogni Sacramento è incontro tra la nostra miseria e la sua misericordia.

5) Quali sviluppi vede come possibili, come doni o come pericoli per la liturgia?

R. Per prima cosa bisogna che i pastori facciano di tutto perché la liturgia sia compresa per quello che è: culmine e fonte della attività della Chiesa. Si fanno tante attività, ma sembrano fatte per la propria gloria e non per quella di Dio. La Chiesa non è una “società per azioni”, ma una comunità di credenti e viventi per ciò che Cristo ha fatto e ci ha lasciato, una “ecclesia orans”: i credenti erano assidui nella dottrina degli Apostoli, nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (At 2, 42). Si realizzare in ogni comunità quella “nuova evangelizzazione” di cui tanto si parlava al tempo di Papa Giovanni Paolo II. Il nostro popolo non conosce la Scrittura e non può capire la liturgia. Bisogna che le celebrazioni siano vissute come incontro con Dio e con i fratelli, superando l’atavico individualismo, per formare l’unico “corpo di Cristo”. Le forme celebrative, con il concorso di tutti i ministeri (lettori, cantori, accoliti e soprattutto presbiteri e diaconi) siano partecipate con intelletto d’amore e con fede viva e contagiosa.

A livello mondiale non ci si scandalizzi se le forme celebrative sono diverse: in Africa non si concepisce una festa (e la liturgia è la festa cristiana) senza la danza, Così in India e in America latina. Così pure, quegli elementi propri della cultura, che non sono in contrasto con l’unica fede, la Chiesa le considera amorevolmente e talvolta le accoglie nella stessa liturgia. Si pensi ai riti del matrimonio o dei funerali e, in genere, dei sacramenti e sacramentali. 

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