SINODALITÀ, CHE SVILUPPI CONCRETI PUÒ AVERE, QUALI DIFFICOLTÀ PUÒ INCONTRARE?

La sinodalità non è un vestito esteriore della Chiesa. Ha un significato misterico, contenuto in quella piccola preposizione:​ syn, insieme, frutto e condizione della venuta dello Spirito Santo, che ama l’unità e la concordia. La sinodalità è la forma esteriore che il mistero della​ communio​ assume nella vita della Chiesa: i cristiani sono​ sinodali,​ ossia “compagni di viaggio, portatori di Dio, portatori del tempio, portatori di Cristo e dello Spirito”, secondo l’espressione di Sant’Ignazio di Antiochia.

È quindi uno stile la sinodalità, che sono convinto debba sorgere dal basso, iniziando dall’ascolto, dove ciascuno ha qualcosa da imparare dall’altro, nella volontà di mettersi in sintonia, di accogliersi reciprocamente.

In quanto processo, vissuto nella tensione tra il procedere e lo stare insieme, la sinodalità è anche faticosa. Richiede spiritualità evangelica e appartenenza ecclesiale, formazione continua, disponibilità all’accompagnamento, creatività. Ne abbiamo bisogno per essere davvero Popolo di Dio, come pure per restare un punto di riferimento morale e sociale per il nostro Paese.

Si tratta di​ è una proposta che sentiamo di poter e dover fare anche alla società, a una società lacerata come la nostra. Francesco ci dice che è il tempo del Noi e non più dell’io. Alla luce anche della pandemia che stiamo vivendo non potremo fare altro che adottare la sinodalità come stile di vita anche nel quotidiano.

L’ANNO DI SAN GIUSEPPE, COSA CI PUÒ DONARE?

San Giuseppe è un vero e proprio “tesoro” che la Chiesa continua a scoprire. Un’immagine forte e piena di speranza di un uomo di autentica fede, il cui invito è quello di “riscoprire il rapporto filiale col Padre” e di “rinnovare la fedeltà alla preghiera, a porsi in ascolto e corrispondere con profondo discernimento alla volontà di Dio“.

San Giuseppe è simbolo anche di giustizia e di come questa sia possibile attraverso la misericordia di Dio. Ci incoraggia a “riscoprire il valore del silenzio, della prudenza e della lealtà nel compiere i propri doveri”, soprattutto in questo periodo di pandemia, in cui si deve sempre avere una particolare attenzione a chi soffre.

In quanto sposo di Maria e padre di Gesù, San Giuseppe ha il ruolo di custode della​ famiglia. Proprio all’interno delle mura domestiche può essere ricreato “lo stesso clima di intimità comunione, di amore e di preghiera che si viveva nella Santa Famiglia”.

Non è un caso che a 150 anni dalla proclamazione di​ San​ Giuseppe​ come patrono della Chiesa universale, Papa Francesco ha voluto che gli fosse dedicato un Anno speciale. Il Pontefice ci ha donato l’occasione – come dicevo – di riscoprire attraverso la figura di Giuseppe il fatto che possiamo essere santi anche nel nascondimento, nelle piccole cose della nostra vita quotidiana che non finiscono sui libri di storia, ma che contribuiscono a costruire una vera «civiltà dell’amore».

COSA PUÒ SIGNIFICARE IN RAPPORTO A TANTI BISOGNI E SOFFERENZE?

Sono assolutamente d’accordo con chi ha definito la​ Lettera apostolica​ “Patris corde – Con cuore di Padre” e l’anno dedicato a San Giuseppe come un “grande gesto di misericordia e di cura” non solo nei confronti di anziani, malati, agonizzanti e a tutti coloro che sono costretti a casa, ma anche e soprattutto nei confronti di tante persone che, lavorando silenziosamente lontane dai riflettori, con il loro impegno giornaliero “stanno scrivendo gli avvenimenti decisivi della storia” proprio come San Giuseppe. Quelle persone che il Papa definisce figure apparentemente nascoste o in seconda linea rispetto al palcoscenico della storia – medici, infermieri, addetti dei supermercati e alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiosi. Pochi conquistano gli onori della cronaca, ma svolgono un lavoro preziosissimo.

San Giuseppe, dunque, è una figura quanto mai moderna che accoglie con fiducia il progetto di Dio e lo porta a compimento. E tutto questo assumendo decisioni difficili per prendersi cura della sua famiglia, difenderla, custodirla e accompagnarla. Le sue azioni rispecchiano il concetto di cura come presa in carico della fragilità: in quel caso la fragilità di Gesù neonato, e poi bambino, e di Sua Madre.

E PER UN VESCOVO E CARDINALE? CHE SIGNIFICA PATERNITÀ OGGI?

In questo periodo la paternità per un vescovo ha due profondi significati. Da un parte occorre essere fermi e forti nel sostenere la comunità che il Papa ci ha affidato in un momento di paure, di tensioni e di sofferenze. Dall’altra, deve essere vigile affinché prevalga nei fedeli la tendenza a non chiudersi, dimostrandosi pronti all’incontro, allo scambio e alla condivisione. Dobbiamo portare la gioia di essere cristiani in questo mondo sempre più sofferente.