Maria, una grazia nuova in un mondo che crolla

Nei vangeli vediamo Maria maturare nella fede. Aiuta la crescita del Figlio e al tempo stesso da lui viene condotta nel mistero di Dio e dell’uomo. Tutto ciò lo esprime quando rivela il suo segreto. La Madonna nel Magnificat non ci manifesta che il Signore ha guardato all’umiltà della sua serva. Non si attribuisce da sola questa virtù. Il testo originale parla di piccolezza costitutiva, creaturale: potremmo dire la sua piccolina (Lc 1, 48). E Gesù il centro della sua crescita, il suo stesso segreto, lo apprende dalla mamma: “Imparate da me che sono docile e piccolino di cuore” (Mt 11, 29). Come uomo anche Gesù è creatura con il cuore che matura gradualmente, serenamente, nel dono dello Spirito, in mezzo agli altri. Cristo non è un energumeno ma accoglie con semplicità la luce che scende delicatamente, come una colomba.

Maria ha detto a Fatima che il suo cuore immacolato trionferà. Ed è proprio nel cuore che si trova la via semplice e profonda. Di fronte a dubbi, aridità, oscurità, se Dio ti ha donato la fede puoi ascoltare nella tua coscienza la risposta alla domanda se credi o meno nel Signore. Se è sì significa che hai ricevuto questa grazia e ciò non dipende da ragionamenti. Appunto puoi essere talora confuso, arrabbiato ma il sì, se ascolti sinceramente, resterà tale. “Beato te Simone, figlio di Giona, perché né carne, né sangue te l’hanno svelato ma il Padre mio che è nei cieli” (Mt 16, 17).

Poi in questo cammino discerniamo anche meglio di quando ci impantanavamo in logiche da tavolino. Spiritualità, culture, astratte, che possono orientare a fuggire in prassi senza adeguati riferimenti. Ma forse anche queste oscillazioni tra astrazioni, pragmatismi, aiutano, stimolano, ad intuire un oltre. Ogni uomo si può ritrovare con semplicità nel proprio cuore che cerca di lasciarsi portare dalla luce serena, imparando anche da ciascuna persona. Forse questo è il passaggio, il guado, che stiamo avvicinando. In Gn 32, 23-33, proprio al guado dello Iabbok, l’angelo dice a Giacobbe che si chiamerà Israele perché ha combattuto con Dio e con gli uomini e ha vinto. Come mai se invece Giacobbe in quella lotta sembra aver perso? Proprio per aver perso col Signore e in qualcosa anche con gli altri ha vinto. È divenuto piccolo e fiducioso di cuore, non puntando più sui propri calcoli, sulle proprie forze. Figlio del popolo di Dio, e, in questo corpo, del mondo. Ha cominciato a sperimentare la pace dell’abbandono mentre paradossalmente l’innaturale fatica era tenere tutto sotto il proprio controllo. Siamo figli di Dio, questa è la nostra natura. A Fatima Maria ha detto che alla fine il suo cuore immacolato trionferà. Alla fine, col fallimento, dell’autosalvarsi della persona umana?

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