Di Caterina Maniaci, ACIstampa

Una folla vociante sciama dentro la Città Santa, tra i vicoli stretti e i banchi dei mercanti, donne e bambini che piangono e si disperano, i soldati romani che spingono con violenza il prigioniero, l’Uomo dei dolori, mentre trasporta la croce dove sarà inchiodato di lì a poco: quell’uomo, Gesù, che solo qualche tempo prima Gerusalemme aveva accolto in trionfo, tra cori osannanti. E ora lo dileggia, lo strattona, mentre i  suoi amici, i suoi discepoli, lo hanno  abbandonato. Solo la madre, con poche altre donne, e Giovanni, lo accompagnano lungo il Calvario, dove dovrà morire di una morte infamante e dovrà affrontare l’abisso vertiginoso di solitudine a abbandono, che si rivela in quel grido: “Padre, perché mi hai abbandonato?”. 

Quel grido che si ritrova nel volume “Via Crucis”, le meditazioni scritte da Georg Gänswien, pubblicate dalle Edizioni Ares, con la prefazione a cura di Nina Sophie Freiin Heereman von Zuydtwyck. 

E’ la Via Crucis nel venerdì di passione, la via del dolore, quella che si deve percorrere, fino in fondo, prima di veder giungere la domenica di Resurrezione. Una via che Cristo non ha evitato, e che ci ricorda, sempre, che non può essere evitata. Di passo in passo, con i gesti scavati dalla sofferenza, con i volti scolpiti, che ci sfilano davanti in un dramma al di  sopra e, nello stesso momento, dentro il tempo. Forse solo chi ha potuto visitare i Sacri Monti  a Oropa, a Varallo, a Domodossola, Ossuccio, Belmonte, ha potuto vedere “plasticamente” rappresentati  quel dolore, quegli attimi di sofferenza assoluta, in modo totalizzante, senza mediazioni, senza abbellimenti, riverberati nelle meravigliose sculture: facce stravolte dall’odio, dalla violenza, dalla pietà, dal male fisico.  

I Sacri Monti avevano proprio come primaria ispirazione e missione quella di far partecipare quasi fisicamente  il popolo  a quella vicenda di morte e risurrezione, quella storia di salvezza, permettendo così a tutti di compiere un pellegrinaggio  tra le montagne e le valli del Nord Italia trasformate nelle strade abbacinate e polverose della Terra Santa, dove per molte ragioni non era possibile recarsi. 

Non è un caso che immagini di alcune delle note rappresentazioni scultoree che si possono contemplare e ammirare nei Sacri Monti siano state scelte per corredare e accompagnare le pagine libro di Gänswein. 

 Le meditazioni dell’autore trasportano il lettore in quel lungo e tormentato giorno vissuto a Gerusalemme, concretamente lo fanno camminare accanto a Gesù lungo le strade  rumorose della città, lo rendono partecipe degli accadimenti: si percepisce il sibilo dei flagelli, il tonfo del corpo di Cristo quando cade sfiancato dalla fatica e dalle ferite, si ascolta il pianto delle donne, si vede il cielo farsi cupo, incombente quasi a voler sprofondare  sulla terra. Si rabbrividisce a guardare quel corpo agonizzante, nudo, offerto senza difese alla morte. 

Ci si mette accanto alla Madre, a Maria, a cui una spada trapassa il cuore, come le era stato predetto. Si guarda il suo volto fisso sul  Figlio. “Oggi gli è di nuovo accanto, sa che la Sua ora è scoccata. Tuttavia, guarda solamente, immersa nel suo impronunciabile dolore, il suo unico Figlio. L’Uno e Tutto dell’intero mondo. Anche Lui guarda e tace. Guardate, la Madre. Rivoli di sangue colano dalle ferite delle spine e gli rigano il volto quando i loro sguardi si incontrano. Due secondi? Tre secondi? Un’eternità”.

 Così viene descritta dall’arcivescovo Gänswein la passione di Maria ai piedi della croce. Del resto, un’antichissima tradizione attribuisce proprio alla Madonna la prima Via Crucis, una dolente e partecipe meditazione, un pellegrinaggio del cuore sul Calvario  in cui si è consumato il sacrificio di Gesù. Da allora la comunità dei credenti ha sempre celebrato questo momento centrale della devozione, un “fare memoria” che diventa un “qui e adesso” in cui quel sacrificio si rinnova e colma di senso ogni  patimento, ogni tribolazione  e ogni croce portata. Mai come in questo tempo queste dense e toccanti riflessioni appaiono  non tanto “consolatorie”, quanto necessarie. 

Come acutamente viene sottolineato nella prefazione, negli ultimi decenni è diventato difficile “trovare meditazioni capaci di aiutarci a incontrare Gesù sulla via del Calvario. Quasi tutte ci presentano piuttosto la miseria del mondo odierno”, che il Signore ha certo caricato su se stesso. Ma, insiste la von Zuydtwyck, una Via Crucis davvero autentica ci dovrebbe portare a contemplare il vero volto del Signore, quel volto rigato dal sangue, scavato dal dolore; dovrebbe essere in grado di rapire “il fedele verso Gerusalemme, direttamente sul monte Sion e sul Golgota”, in modo che il fedele stessi diventi “testimone oculare” dei Suoi patimenti e della sua morte. Ed è ciò che avviene con questi testi scritti dal “fedele segretario di Papa Benedetto XVI”, che ci dona una Via Crucis proprio così concepita,  in cui appare “Gesù nel suo ultimo viaggio lungo le strade della Terra Santa in modo talmente vivido, che si ha l’impressione di essere realmente presenti”.

Il viaggio non si conclude con il Golgota, con la morte e la disperazione, con la grossa pietra fatta rotolare davanti al sepolcro. Nella notte del venerdì, dopo tanto buio e tenebra, brilla il primo fulgore della stella di Venere, nell’aria vibra  la speranza della Pasqua che arriva. La Risurrezione è l’ultima parola.