Libera ricerca del vero

Psicoterapia e Spirito Santo. Nuove prospettive del “prendersi cura”, in quella terra di nessuno ai confini tra psichico e spirituale.

di Valter Cascioli

A dispetto di un’idealizzata neutralità in psicoterapia, di fatto il tema dei valori è costantemente presente  e pressoché inalienabile dal setting. Va da sé che la consapevolezza del mondo valoriale da parte del terapeuta si rende necessaria -oltreché opportuna- a tutto vantaggio della terapia stessa, influenzandola positivamente (“conversione valoriale”).

Nell’esercizio della professione si evidenzia, peraltro, un sempre maggiore allontanamento dai valori. In una società sempre più secolarizzata, dove la “dittatura del relativismo culturale” (Card. Joseph Ratzinger, omelia Santa Messa Pro eligendo Romano Pontefice, 18 aprile 2005)  sembra imperare, anche la psicoterapia rischia di entrare in soggezione, trincerandosi dietro la facciata di una presunta neutralità normativa, che la penalizza, riconducendola nell’ambito angusto di un riduzionismo riduttivista. La componente religiosa è spesso trascurata, purtroppo anche dai terapeuti di matrice cattolica, arrivando, addirittura,  ad essere svalutata. In tal senso si dimentica quanto la fede e la spiritualità condizionano la vita dell’uomo, oltre che la salute psicofisica dello stesso, entrando di diritto nello sviluppo cognitivo ed affettivo della persona.

È importante, allora, riconoscerne l’esistenza sia nel cliente che nel terapeuta. A quest’ultimo, ovviamente, è affidato il compito di concettualizzarla ed esplicitarla, “usandola” in senso terapeutico.

È innegabile come l’esperienza religiosa sia fondamentale per comprendere la natura umana, così come la Weltanschauung del soggetto, per comprenderne appieno le dinamiche psichiche. In tal senso, già la logoterapia -la cosiddetta “terza via” della psicologia-aveva considerato “nell’essere” la propensione dell’uomo a cercare, intenzionalmente, un significato capace di orientare la propria esistenza.

Se è vero che la psicoterapia può essere considerata come l’arte del cambiamento, allora la situazione di crisi, portata all’attenzione del terapeuta, già lo preconizza, quantomeno da un punto di vista etimologico. Entriamo, così, in una dinamica in continuo divenire che, mutatis mutandis, si riconosce in un “tendere verso” di junghiana memoria e in un “già e non ancora”. Quest’ultima ci richiama a quel desiderio d’infinito, inscritto da Dio nel cuore di ogni uomo. 

Nella presentificazione (il cosiddetto “hic et nunc”) il cambiamento apportato dalla psicoterapia e legato alla trasformazione interiore (crescita) viene, allora, visto come occasione opportuna e favorevole ovvero come tempo di grazia (kairós)  propiziato dall’esperienza di fede al quale il terapeuta dovrà, per primo, aprirsi.

Ogni professionista della salute mentale, veramente degno di questo nome, sa bene che il fattore di prim’ordine in psicoterapia è dato dalla relazione che si stabilisce nella diade terapeuta-cliente. Tale rapporto, nella sua vera essenza, è paragonabile alla corrente d’amore che, nella Santissima Trinità, procede dal Padre al Figlio e caratterizza la Terza Persona del Dio uno e trino: lo Spirito Santo.

Consideriamo, allora, quali implicazioni viene ad avere in una prospettiva psicoterapica.

A scanso di pericolosi equivoci, va subito precisato che lo Spirito Santo, che è Dio, non può essere certamente assimilato ad una tecnica né, tantomeno, “usato” come strategia, essendo -per la sua stessa natura divina- soprannaturale, indefinibile e non assoggettato (né assoggettabile!) al volere umano. Pertanto, prescinde da qualsivoglia strumentalizzazione da parte dell’uomo, che potrà soltanto invocarLo e desiderare di accoglierLo nel suo cuore (che, nel senso antropologico del termine, è la centralità dell’essere) rendendosi docile alla Sua imperscrutabile azione. È, dunque, lo Spirito Santo, “che è Signore e dà la vita” (cfr. Symbolum apostolorum) ad essere il protagonista e l’artefice di quel cambiamento/trasformazione interiore che caratterizza il processo psicoterapico stesso, mentre il terapeuta diventa lo strumento nelle Sue sapienti mani. Gli effetti della grazia divina sull’uomo, come insegna la pneumatologia, sono fondamentalmente tre: dona vita, santifica e crea la comunione.

Secondo l’antropologia cristiana, ed ancor prima, come ricorda l’Apostolo delle Genti (1Ts 5, 23) l’uomo è un’unità inscindibile di corpo, mente e spirito che interagiscono tra loro nella dimensione esistenziale, della quale il terapeuta si “prende cura”.     Pertanto, sarà necessario considerare sempre la persona nella sua interezza, cioè nella dimensione pneumo-psicosomatica (concezione tridimensionale). C’ė una tale interdipendenza fra queste tre parti, che non ė possibile distinguerle in modo autentico se non attraverso la loro rispettiva relazione né considerarle ciascuna a sé stante senza creare un artefatto. Tale presupposto diventa, pertanto, un aspetto irrinunciabile nella teoria e nella prassi del terapeuta cristiano. Dunque, come ci ricorda un profondo conoscitore dell’animo umano, sant’Agostino, bisogna, innanzitutto, credere per potere capire (“credo ut intelligam”) oltre che capire per credere (“intelligo ut credam”). È chiaro che la nostra mente ci dà le ragioni per credere, ma non può avere la pretesa di assolutizzare la realtà visibile, negando ciò che non riesce a cogliere, in quanto la trascende. Il mondo invisibile, infatti, pur essendo in comunicazione reale, intima e misteriosa con noi, è oltre la nostra dimensione spazio-temporale e, pertanto, non può essere indagato/conosciuto con i tradizionali mezzi/strumenti della scienza. Talvolta le forbici della ragione, autentica espressione di un razionalismo, retaggio di una cultura naturalistico-positivista, tagliano, pregiudizialmente, tutto quello che non conoscono, che non comprendono o che, in taluni casi, non accettano, limitando l’approccio ed il lavoro su tali complesse problematiche con le quali possiamo essere chiamati a confrontarci, nella quotidiana “presa in carico” dei nostri pazienti.

Il mistero della sofferenza e della malattia (fisica, psichica e/o spirituale) si può penetrare solo in preghiera e per grazia. Altrimenti potremo descriverlo, ma non capirlo appieno, guardare senza vedere, sentire senza ascoltare. Si richiedono, allora, anche al terapeuta cristiano, “occhi nuovi”, evitando così il rischio di  scotomizzare ciò che è inscritto nella condizione umana, disattendendo la nostra comune chiamata alla verità. Dunque, anche noi, consapevoli dell’importanza di riuscire a “vedere”, con gli “occhi” della fede diciamo Effatà o, in un linguaggio a noi più vicino, open your eyes!!

Per altri versi, lo Spirito Santo, in quanto Spirito di verità  (Gv 15, 26) ci consente di entrare davvero nella quidditas del processo di demistificazione, così importante per chiamare ogni cosa con il proprio nome e liberare l’uomo da ogni situazione di “non-verità”  e/o dipendenza. Come sappiamo, infatti, solo la verità rende l’uomo libero (Gv 8, 32).

Balza agli occhi in modo evidente come, nella valutazione dei singoli casi, sarà di fondamentale importanza per il terapeuta il ricorso ai carisma di conoscenza ed al carisma di  discernimento, doni che lo Spirito Santo elargisce ai battezzati per il bene comune. Questi carismi sono di fondamentale importanza anche per riconoscere talune manifestazioni di origine diabolica (c.d. mali preternaturali) arrivando  così ad una diagnosi differenziale con i disturbi e le malattie psichiatriche. Si eviterà, in questo modo, che una sintomatologia riconducibile a male malefico, venga ad essere misconosciuta o, addirittura,  contrabbandata come fenomenologia psichiatrica, dato che la prima può mimetizzarsi, fino a confondersi, dietro ai sintomi di una malattia naturale, come ci insegna l’esperienza. Ma è altrettanto vero, al contrario, che possiamo scambiare per possessione diabolica qualcosa che, in realtà, può essere una patologia di natura psichiatrica!

Auspico, in tal senso, la creazione di un’apposita scuola di formazione,  a livello universitario, per operatori sanitari, in una progettualità che riconsideri sempre più gli stretti rapporti tra la dimensione psichica e quella spirituale, entrando nelle complesse dinamiche sottese al mysterium iniquitatis (2Ts 2, 7). Tali problematiche, spesso al centro di accese dispute, ci richiamano, chiaramente, alla necessità di un approccio interdisciplinare e multilivellare, dove le cosiddette scienze umane si incontrano con le scienze religiose e  la psichiatria con la demonologia e l’esorcistica.

Last but not least, uno degli aspetti più pregnanti dell’opera dello Spirito Santo nell’esperienza psicoterapica è senza dubbio quella della rinascita psicologica e spirituale. È quanto Gesù dice a Nicodemo (Gv 3, 1-11) ma è, per altri versi, anche l’esperienza di ogni uomo che, attraverso la psicoterapia cristiana, cambia il proprio modo di “vedere” alla vita ed alle cose del mondo. Anche questo, per il terapeuta cristiano, è dono dello Spirito Santo. Stiamo parlando del carisma della Sapienza. Esso apre il cuore dell’uomo al mistero di Dio. Questo dono spirituale non va assolutamente confuso con la conoscenza umana, la saggezza o il buon senso comune ma è, in parole povere, il “guardare” al mondo e alle cose, con gli “occhi” di Dio.

Tutto questo porta ad elaborare più facilmente le situazioni conflittuali intrapsichiche consce e/o inconsce del soggetto e, attraverso una vera e propria catarsi, dona serenità ed un entusiasmo nuovo. Dall’etimologia stessa della parola -entusiasmo deriva dal greco “en” (dentro) e “thèos” (Dio)- ricaviamo che non è un semplice stato emotivo, né può essere autoindotto (come, ad es, lo stato di eccitamento) ma si tratta di una forza interiore, che nasce dal profondo, capace di farci affrontare e superare, con la giusta determinazione, ogni difficoltà/ostacolo. È, dunque, un’energia vitale che chiamiamo, più propriamente, sobria ebbrezza dello spirito. Questa condizione è, di per se stessa, contagiosa e diffusiva, crea un dinamismo spirituale. 

Da quanto abbiamo fin qui brevemente esposto si evince come il percorso psicoterapico, per ogni cristiano, non possa essere scisso da un personale cammino di fede, nel quale dovrà essere sensibilizzato alle realtà dello spirito e, in modo particolare, alla riscoperta del Sacramento del Battesimo. È l’adozione a figli di Dio, che riceviamo con questo sacramento dell’iniziazione cristiana,  che ci porta ogni volta, nella sua riattualizzazione, ad una vera e propria rinascita, ad un profondo cambiamento interiore. Anche il terapeuta implementerà la propria fede con la preghiera e chiederà allo Spirito Santo di riversare doni e carismi su di lui e sulla persona della quale si è fatta carico in terapia. Ovviamente entrambi dovranno rendersi docili all’azione dello spirito, come ci ricorda l’esperienza di Maria Santissima e degli Apostoli, riuniti in preghiera nel Cenacolo, il giorno di Pentecoste.

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1 Comment

  1. elena andria

    Quanto è vero tutto ciò che è sopra esposto! Psiche e Spirito sono connessi indissolubilmente l’una all’altro, quando entrano in conflitto si verifica la malattia più o meno grave. Devo al mio percorso psicologico il mio naturale approfondimento e amore alla vita e all’insegnamento di Cristo Gesù. Del resto non è stato proprio Gesù a rivelare per primo l’esistenza della psiche all’uomo ?

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