Card. A. De Donatis, Meditazioni per la festa di San Giuseppe

Roma, 12 marzo 2021 

                                                                                                                                                                                                                                  Ai Sacerdoti e Diaconi

                                                                                                                                                                                                                                             della Diocesi di Roma

Ite ad Ioseph

Andate da Giuseppe

Carissimi,

                        in piena carestia, dopo i sette anni di abbondanza di grano per l’Egitto, il popolo grida al faraone per avere il pane. La risposta è decisa: “Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà” (Gen 41,55).

Queste parole del libro della Genesi, le ritroviamo, solitamente in latino – Ite ad Ioseph – riferite allo sposo di Maria, sotto le statue che lo raffigurano o sopra gli altari delle chiese a lui dedicate.

Nell’anno di San Giuseppe, vogliamo sentirle risuonare in noi sacerdoti, in questo tempo di carestia del mondo, certi che il Patrono della Chiesa universale si interessa di ogni particolare, di ciascuno di noi, perché non manchi mai il pane dell’amore e della fraternità.

Da un anno a questa parte stiamo affrontando situazioni cui non eravamo preparati; i ritmi e le attività del nostro ministero sono cambiati. A volte abbiamo sperimentato momenti di prova, di aridità, di incertezza sul presente e sul futuro.

Siamo stati chiamati a cambiare gli stili di vita, ma soprattutto a rimettere al centro il Signore, con la sua Parola, con la sua Presenza, ritrovandolo nei piccoli e nei poveri da amare e servire. In qualche modo è stata ferita la nostra paternità, come una potatura necessaria, affinché potessimo purificarla e portare più frutto.

Papa Francesco ci ha donato la splendida lettera “Patris corde” su San Giuseppe. Leggendola e meditandola (come abbiamo fatto in particolare in occasione della liturgia penitenziale nel giovedì dopo le Ceneri), ho creduto più di una volta che il Papa pensasse, oltre ai papà di famiglia, in particolare a noi sacerdoti. Ha scritto per noi, perché riscoprissimo il dono, la responsabilità e la gioia della paternità.

In una “società senza padri”, la Chiesa infatti ha ancor più bisogno di riscoprire la paternità, che nella lettera è delineata in modo completo, indicando Giuseppe come padre nella tenerezza, nell’obbedienza, nell’accoglienza, padre lavoratore epadre nell’ombra. Inoltre, come scrive al n°5, Giuseppe è padre “dal coraggio creativo”.

Vorrei soffermarmi su questo aspetto, che credo significativo in questo tempo di pandemia in cui, davanti alla difficoltà, “ci si può fermare e abbandonare il campo, oppure ingegnarsi in qualche modo”.

Quest’anno abbiamo vissuto a volte la tentazione di fermarci e di abbandonare il campo; abbiamo però avuto tante testimonianze di pastori capaci di avere il coraggio creativo, tirando fuori risorse che non si pensava neanche di avere.

Il Cielo – scrive il Papa – interviene fidandosi del coraggio creativo di Giuseppe… che sa trasformare un problema in un’opportunità anteponendo sempre la fiducia nella Provvidenza”.

Io sono grato al Signore per il coraggio creativo di voi sacerdoti e, con voi continuo a camminare anche in questo tempo incerto, certo della presenza del Signore che provvede. Prego per voi, vi sostengo con affetto, chiedo che questa quaresima possa essere veramente un’occasione per riscoprire la nostra paternità.

Per questo la proposta di ritiro spirituale – con la traccia che vi mando per la preghiera personale e per la condivisione – vuole essere un’opportunità per fermarci un po’ di tempo davanti a Dio, da soli e con i fratelli, perché il Signore ci aiuti ad avere sempre più un cuore di padre.

Dio continua a fidarsi di noi, “di quello che possiamo progettare, inventare, trovare”. L’importante – ci ricorda il Papa – “è domandarci se stiamo proteggendo con tutte le nostre forze Gesù e Maria, che misteriosamente sono affidati alla nostra responsabilità, alla nostra cura, alla nostra custodia”. Se avremo cura, nel nostro ministero, di “ogni bisognoso, ogni povero, ogni sofferente, ogni malato”, se impareremo da Giuseppe “la medesima cura e responsabilità: amare i Sacramenti e la carità; amare la Chiesa e i poveri” … allora continueremo a custodire il Bambino e sua madre.

Vi suggerisco di prendervi il tempo necessario, in questi giorni, per fare silenzio, meditare e pregare. Vi esorto a condividere poi i frutti di questa preghiera con i confratelli sacerdoti o anche con i laici, anch’essi invitati a vivere questo ritiro.

Come è stato per i giorni in preparazione alla Pentecoste dell’anno scorso, questa è un’occasione da non perdere, un regalo che vogliamo farci per il nostro bene e per quello dell’intera Diocesi di Roma.

Anche a noi è rivolta allora la stessa parola del faraone: Andate da Giuseppe!

Da lui ci rechiamo fiduciosi, certi che, con cuore di padre, ci farà avere il Pane necessario per tutti.

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Angelo Card. De Donatis

Vicario Generale di Sua Santità

per la Diocesi di Roma

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