Intervista a Mario Adinolfi

D: Nella bella intervista pubblicata il 4 febbraio dall’Osservatore Romano Ciriaco De Mita osserva che la rinascita della società può partire soltanto dal favorire la libera scelta della formazione anche scolastica. Possiamo sviluppare questi importanti temi? Che i giovani possano crescere alla luce di ciò in cui liberamente credono e nello scambio con le altre religioni e filosofie?

R: Conosco bene il presidente De Mita e ho letto la sua intervista all’Osservatore Romano, interessante anche su altri temi. Quello della libera formazione, anzi, diciamo chiaramente, della libertà scolastica è decisivo per la crescita del sistema dell’istruzione in genere e per l’ampliamento degli effettivi elementi di scelta educativa in campo ai genitori. Libera scelta della formazione significa mettere i giovani su un cammino di conoscenza non privo di forti elementi identitari, che vengono minacciati invero dal finto ecumenismo di Stato.

D: In modo che non si finisca nel falso neutralismo o in un incontro senza anche lo sviluppo delle identità, che svuotano i giovani e neanche nell’opposto svuotamento di identità chiuse in sé stesse, senza autentica, vissuta, maturazione?

R: Bisogna sfuggire i neutralismi falsi e insegnare che il confronto, persino il mescolamento, non possono che nascere da un’affermazione di identità che non può essere presupposta, deve essere edificata. L’apertura vera all’altro nasce solo dopo l’assunzione della coscienza di sé.

D: È possibile arrivare a questa crescita, a questo vero sviluppo della democrazia, nel quale le stesse guide escono da uno sviluppo comune, partecipato e non da avulse oligarchie dei tecnicismi, degli apparati culturali e politici?

R: Io sono ottimista, vedo nelle giovani generazioni svilupparsi nuove forme di assunzione di responsabilità che sanno evitare le trappole del già vissuto, della costruzione orwelliana di una società dove la libertà è solo presunta, mai praticata effettivamente. Senza un livello qualitativo di libertà non c’è democrazia. Le oligarchie più pericolose si sviluppano abbassando quei livelli.

D: Quali difficoltà si possono incontrare, come superarle?

R: La principale difficoltà è rappresentata dalle inerzie di sistema, che solo una dinamica innescata da forze libere e fresche (Sturzo avrebbe detto “liberi e forti”) può superare, comunque non senza sforzo.

D: La società del pensiero unico tecnicistico può venire teleguidata da pochi veri potenti e da un sistema ad essi asservito ma che da tale subalternità trae guadagno e prestigio. Mentre il popolo è oppresso, svuotato, manipolato, emarginato. Un sistema che sembra andare verso il crollo in ogni campo senza che alcuno lo possa fermare?

R: Quando ho citato la società orwelliana non l’ho fatto a caso. L’intuizione profetica di George Orwell racconta il rischio dei tecnicismi applicati da oligarchie sempre più ristrette e inaccessibili, che addirittura riscrivono all’istante la storia per piegarla ai propri interessi. Non credo però che quel destino sia ineluttabile, esiste la possibilità di lottare contro questa evoluzione involuta. In sostanza è quello che il Popolo della Famiglia e anche il quotidiano che dirigo, La Croce, quotidianamente fanno.

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