Intervista al card. Zuppi

Cardinale, partiamo purtroppo ancora dal Covid. Negli ospedali, come stiamo raccontando in questi giorni, ci sono persone ricoverate che per lo più non sono vaccinate. Si sente di fare un appello in questo senso?
«Ho trovato intelligente il commento che ha fatto Cesare Cremonini qualche giorno fa, nel senso di dire occhio a non dividerci in fazioni, come Orazi e Curiazi, come facciamo su tutto, perché finiamo per esasperare i termini e rendiamo difficili anche le soluzioni. Posso dire però che proprio leggere i giornali fa bene, qualche volta uno non si rende conto dei problemi perché non li vive. Se 9 su 10 di quelli ricoverati oggi negli ospedali sono non vaccinati, bisogna ascoltare le persone che sono direttamente coinvolte e che ci aiutano. Ormai sono due anni che vediamo le conseguenze terribili di un virus che fa il suo mestiere, si presenta innocuo e approfitta di tutte quante le nostre ingenuità, o presunzioni. Dobbiamo anche imparare ad avere fiducia, poi ci sarà sempre chi sosterrà che ci sono dei rischi. Il buonsenso porta a dire: è necessario vaccinarsi per sé e per gli altri. Tocca poi allo Stato imporsi per garantire chi lo è già».

Lei si è vaccinato?
«Sì, io ho avuto il Covid, quindi una sola dose. Sono andato all’hub della fiera e devo dire che funzionava tutto benissimo. Come anche ormai negli ospedali, che ho visitato ormai molte volte: dopo i primi tempi di grande difficoltà, c’è stata una riorganizzazione di tutto il sistema per fare fronte all’emergenza. In questo contesto capisco che gli operatori sanitari possano essere un po’ esasperati di fronte a un problema che oggi, con i vaccini, potresti evitarti»

No vax a parte, noi almeno i vaccini qui li abbiamo. Metà mondo, a partire dall’Africa, nemmeno quelli.
«Nella pandemia abbiamo capito che non possiamo vivere sani in un mondo malato. Non sono fatti “loro”, ma anche nostri. Molte volte invece si è pensato che riguardasse “loro”, alcune volte si sono alzati muri nella speranza che questo ci proteggesse. Non è così, mai, per tutto e per le pandemie a maggior ragione. Per sconfiggere il virus, bisogna garantire i vaccini a tutti, se non lo facciamo per motivi etici di giustizia, facciamolo per banali motivi prudenziali».

Cambiamo argomento. A ottobre si voterà per eleggere il nuovo sindaco di Bologna. Come giudica questo inizio di campagna elettorale? E i candidati?
«Considerando il momento che sta vivendo il Paese, il ruolo che Bologna ha e deve avere, per la sua ricchezza, le risorse e capacità intellettuali ed economiche, è una grossa responsabilità per chi sarà scelto. Queste possibilità non sono un vanto e dobbiamo usarle tanto più in un momento decisivo come questo. Visto che le scelte che faremo — o non faremo — in questi mesi condizioneranno i prossimi anni. Basta rifugiarsi nelle secondo soluzioni, ci sono cose che vanno fatte, altrimenti si perde tutti. Come usare il post Covid e ricostruire ciò che il Covid ha distrutto, o ci ha mostrato. Non è una parentesi e questo richiede indubbiamente una visione, una capacità di guardare lontano, perché il tempo è superiore allo spazio. Se si misura tutto sul consenso immediato, veloce, non funziona. Sui candidati mi pare che alla fine siano andati avanti i più determinati fin dall’inizio e spero che questo significhi appunto una visione a lungo termine e non opportunismo, perché di questo abbiamo bisogno».

Vorrebbe vedere a Palazzo d’Accursio un assessorato «agli ultimi»?
«Più che di un assessorato, dovrebbero essere una preoccupazione che pervade tutti gli assessorati: partire dagli ultimi permette a tutta la società di funzionare bene. C’è tanta povertà, che emerge e che probabilmente emergerà ancora, da capire e intercettare, non aspettare che esploda».

A proposito di povertà, il reddito di cittadinanza: promosso o bocciato?
«Certamente ha permesso a molte persone di vivere, anche a tanti insospettabili per certi versi. Il rapporto con il lavoro è quello che è mancato di più: quindi va chiarito in questi termini».

Con la Faac e la Caritas la Curia è impegnata ormai da anni su questi fronti, lavoro e povertà. Un impegno che andrà avanti?
«Le grandi priorità che ci siamo dati (lavoro, educazione, disabilità e carità) restano e le confermiamo. La nostra buona volontà è diventata un progetto, un percorso. C’è tanta sofferenza e non va anestetizzata, bisogna guardarla in faccia, non cancellarla. Va risolta la causa che ne è all’origine».

A proposito di lavoro, che cosa pensa di quanto accaduto anche a Bologna, con il caso dei licenziamenti via sms?
«Il mondo del lavoro non può essere così funzionalistico, davvero si diventa soltanto speculatori e questo è contro la dottrina sociale della Chiesa che mette al centro la persona. Non entro nel merito del licenziamento, ma è inaccettabile un tipo di rapporto così volutamente impersonale, che nasconde le responsabilità, ti fa diventare oggetto e ti cancella come persona».

Anche le morti sul lavoro sono tornate prepotentemente a riempire le cronache.
«È incredibile come ancora in molti casi la sicurezza sembri andare contro il lavoro stesso, invece è l’unica garanzia per lavorare».

Domanda secca: Ddl Zan sì o no?
«La posizione del cardinal Bassetti mi è sembrata molto saggia: noi siamo pronti a dare un contributo positivo. La Chiesa è contro l’omofobia, anche se ci sono sensibilità diverse bisogna trovare una composizione. Di sicuro bisogna trovare il modo di fare una legge che sia chiara dal punto di vista giuridico».

Sarà alla Festa dell’Unità nazionale che si svolgerà quest’anno al Parco Nord?
«Ho altri impegni in quel periodo».

A settembre ci sarà la cerimonia di beatificazione di padre Giovanni Fornasini, martire della strage di Marzabotto.
«Mi sono commosso l’altra sera, in piazza, alla proiezione del film di Giorgio Diritti (L’uomo che verrà, ndr), sarebbe da far vedere in tutte le scuole. Si capisce la grandezza di Fornasini e delle vittime che lui rappresenta. Sarà un momento importante, non solo per la montagna che subì quelle ferite, ma per tutta la nostra comunità».

Finalmente i portici di Bologna sono diventati patrimonio dell’umanità Unesco. Quando finiranno i lavori del portico di San Luca?
«(sorride) Spero prima del 2025… quando ci sarà il Giubileo. E speriamo si possa risistemare anche la facciata della basilica. Io tutti i primi sabati del mese salgo a San Luca con la Confraternita dei Sabatini, alle sei di mattina, una cosa un po’ severa, ma ci si trova sempre tanta vita, è davvero il nostro cammino di Santiago».

Oggi sarà a Villa Revedin per la tradizionale festa di Ferragosto, che augurio vuole fare ai bolognesi?
«Dobbiamo avere tanta fiducia dopo la sofferenza che abbiamo vissuto e per farlo dobbiamo ritrovare la gioia: combattere il dolore costruendo qualcosa che magari noi non vedremo. Glielo spiego prendendo a prestito un racconto attribuito a Kierkegaard: ci sono tre spaccapietre, sotto il sole, al lavoro per costruire una cattedrale. Il primo dice: non ne posso più, tutta questa fatica non ha senso. Il secondo: non ne posso più, però lo faccio per la mia famiglia. Il terzo, invece, è contento, e lo è perché dice: sarà una cattedrale bellissima. Ecco, noi oggi dobbiamo scegliere di guardare la bellezza che sarà».

Fonte: Corriere di Bologna

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