Mons. Dal Covolo, Il Motu proprio sull’offerta della vita

IL MOTU PROPRIO MAIOREM HAC DILECTIONEM

sull’offerta della vita (2017)

                                                                                       + Enrico dal Covolo

Per ragioni di chiarezza espositiva, occorre anzitutto citare per intero il Preambolo del Motu Proprio Maiorem hac dilectionem sull’offerta della vita, promulgato da Papa Francesco l’11 luglio 2017.

In effetti, la questione – almeno a un primo approccio – non è affatto semplice. 

Il nodo fondamentale consiste nel comprendere la distinzione tra l’eroicità della vita e delle virtù, il martirio – che erano le due vie ordinarie dei processi di beatificazione e di canonizzazione, sancite da ultimo dalla Costituzione Apostolica Divinus Perfectionis Magister di san Giovanni Paolo II (25 gennaio 1983) –, e questa nuova via, inaugurata da Papa Francesco.

Dobbiamo però accennare anche a una terza via, meno conosciuta e meno percorsa, che conduce al medesimo risultato delle altre due. Si tratta del riconoscimento canonico di un culto antico – successivo al pontificato di Alessandro III (+ 1181), e antecedente al 1534, come stabilito dal Papa Urbano VIII (1623-1644), grande legislatore delle Cause dei Santi –. La conferma di questo culto antico è chiamata di solito “beatificazione equipollente”. Anche il Papa Francesco ha usato questa via: è rimasto celebre il caso di Michal Giedroyc (1420-1485), di nobile famiglia lituana, beatificato a Cracovia l’8 giugno 2019.

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Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Con questa citazione di Giovanni 15,13 esordisce il nostro Preambolo

E prosegue: “Sono degni di speciale considerazione ed onore quei cristiani che, seguendo più da vicino le orme e gli insegnamenti del Signore Gesù, hanno offerto volontariamente e liberamente la vita per gli altri ed hanno perseverato fino alla morte in questo proposito.

E’ certo che l’eroica offerta della vita, suggerita e sostenuta dalla carità, esprime una vera, piena ed esemplare imitazione di Cristo e, pertanto, è meritevole di quella ammirazione che la comunità dei fedeli è solita riservare a coloro che volontariamente hanno accettato il martirio di sangue o hanno esercitato in grado eroico le virtù cristiane. 

Con il conforto del parere favorevole espresso dalla Congregazione delle Cause dei Santi, che nella Sessione Plenaria del 27 settembre 2016 ha attentamente studiato se questi cristiani meritino la beatificazione, stabilisco quanto segue”.

Seguono in effetti i sei articoli, nei quali si configura il Motu Proprio, a cominciare dal primo, che stabilisce appunto: “L’offerta della vita è una nuova fattispecie dell’iter di beatificazione e canonizzazione, distinta dalle fattispecie sul martirio e sull’eroicità della vita e delle virtù” (art. 1).

1. Il lavoro previo della Congregazione delle Cause dei Santi

La Sessione Plenaria della Congregazione, a cui il Papa si riferisce, fu preceduta, come di norma, da un intenso lavoro dei Consultori, ma anche di alcuni Postulatori. A questo lavoro la Sessione Plenaria attinse generosamente.

La Congregazione, infatti, aveva organizzato un “Congresso peculiare”, con una lettera di convocazione (5 aprile 2016) che conteneva cinque quesiti, a cui dieci Consultori e cinque Postulatori erano invitati a rispondere.

Io stesso fui incaricato di presiedere tale “Congresso peculiare”, che si svolse il 2 giugno 2016, e sono in grado – ormai a diversi anni di distanza – di comunicare i quesiti e le relative risposte, che qui raccolgo in una mappa sintetica e rigorosamente anonima, per ragioni imprescindibili di segretezza: tanto più che il “Congresso peculiare” rappresentava solo una tappa interlocutoria nel cammino intrapreso.

Quesito 1. L’offerta della vita, seguita dalla morte, può essere giudicata come espressione di suprema ed eroica imitazione di Cristo?

La risposta a questo primo quesito fu affermativa e unanime. Venne fondata su numerose e solide motivazioni ricavate dal Nuovo Testamento, dalla tradizione attinente ai martiri e ai confessori della fede, dal magistero pontificio (specialmente di Benedetto XIV), dal Vaticano II e dai Papi del dopo Concilio, nonché dalla riflessione teologica, soprattutto a proposito della carità.

Ovviamente la risposta affermativa dipendeva strettamente dalle caratteristiche che tale offerta della vita doveva avere, di cui si tratta nel secondo quesito.

Quesito 2. Quali caratteristiche psicologiche e teologiche dovrebbe avere l’offerta della vita per essere un eroico atto di carità?

Qualche voto si limitò a indicare in modo sintetico che tale offerta della vita doveva essere un atto autenticamente umano, accompagnato da maturo apprezzamento della vita propria e altrui, e compiuto come espressione di amore a Dio e al prossimo, a imitazione di Gesù Cristo.

La maggioranza dei voti presentava invece una serie di caratteristiche riconducibili alle seguenti qui esposte, da assumere non disgiunte le une dalle altre, perché esse qualificano nel loro insieme tale offerta della vita.

a) Dal punto di vista psicologico: negativamente, l’offerta della vita non deve essere espressione di follia patologica o di fragilità emotiva, di tendenza all’esaltazione e di inconfessato egocentrismo, di semplice altruismo variamente ideologico, di pur apprezzabile volontarismo…; positivamente, deve essere un’offerta volontaria e libera (quindi non fatta per imposizione e costrizione, da non confondere con l’eventuale ubbidienza ai Superiori), e continuativa, ossia mantenuta costante (pur tra momenti di paura, incertezza e angoscia) in tutto lo spazio di tempo (lungo o breve) che intercorre tra l’offerta della vita e la morte.

b) Dal punto di vista morale: all’origine dell’offerta della vita ci può essere dirittura morale e scelta valoriale (come la tutela dei diritti specialmente dei poveri, la difesa della persona umana e dei suoi bisogni, a costo della vita); deontologia professionale (come la fedeltà al dovere a rischio della vita); e, in ogni caso, prudenza umana (ad esempio, usare le precauzioni e le tecnologie disponibili per evitare il contagio in situazioni di epidemia…).

c) Dal punto di vista teologico: l’offerta della propria vita deve essere autenticamente ed espressamente cristiana, e quindi motivata da solida fede, vivace speranza ed espressione di carità eroica e sovrabbondante a imitazione di Gesù Cristo; inoltre deve produrre una certa fama di santità in morte e dopo morte.

Quesito 3. Se l’offerta della vita debba maturare nel contesto di consolidata vita cristiana, oppure se può essere una decisione maturata improvvisamente, senza cioè una preparazione remota.

Secondo la totalità dei voti, l’offerta della vita, nella stragrande maggioranza dei casi, matura in un ordinario contesto di pratica delle virtù cristiane. L’affermazione venne motivata soprattutto richiamando una lunga serie di beati/e, di santi/e, la cui offerta della vita a Dio per gli amici fu l’edito felic di una consolidata vita cristiana.

Solo qualche voto non si esprimeva in modo inequivocabile circa l’offerta della vita maturata improvvisamente. Tutti gli altri voti invece erano del parere che si potessero verificare casi in cui ciò può avvenire, per un intervento imprevisto, ma sempre possibile, della grazia divina (è stato richiamato l’esempio del buon ladrone e il caso della contrizione “in perfetta carità”).

Qualche voto inoltre si chiedeva come intendere l’avverbio improvvisamente: alla radice di una scelta improvvisa può nascondersi un dinamismo virtuoso che sfugge allo stesso soggetto, e che esplode sollecitato dalla grazia. Solo Dio infatti conosce il cuore della singola persona.

Quesito 4. E’ opportuno che l’offerta della vita sia una fattispecie distinta da quella del martirio e delle virtù eroiche?

A questo riguardo nei 15 voti è rilevabile una diversità di scelte, tutte variamente motivate da considerazioni meritevoli di essere prese in considerazione.

a) Una minoranza di voti riteneva non opportuno configurare una terza fattispecie distinta da quella del martirio e delle virtù, e preferiva mantenere la distinzione di sole due vie, essenzialmente per una duplice ragione:

  • 1. perché sono due vie consolidate da una lunga, positiva e consolidata tradizione della Chiesa;
  • 2. perché nelle cause di beatificazione ci si trova di fronte a innumerevoli casi di persone con esperienze spirituali diversificate, frutto della presenza santificante e estremamente creativa dello Spirito Santo, ragion per cui nell’attuale prassi della Congregazione viene adottata molta flessibilità e duttilità.

Operata questa scelta, l’orientamento da assumere nei confronti dell’offerta della vita si divaricava in due direzioni:

  • 1. Via del martirio. Alcuni voti suggerivano di configurare la fattispecie distinta (eventualmente con un apposito regolamento) nell’ambito della via del martirio: ci si appellava all’affermazione del Maestro (Benedetto XIV) circa il martirio inteso lato sensu, nel quale vengono annoverati i martiri ex officio caritatis et misericordiae; si fece notare che nel martirio in senso stretto e nell’offerta della vita ci si trova di fronte a una testimonianza, cioè a un martirio, e cambia solo la ragione (nel primo caso la fede, nel secondo la carità) e la forma (nel primo caso la morte violenta, nel secondo una morte prematura). Venne richiamato anche il caso di Massimiliano Kolbe, dichiarato martire nel processo di canonizzazione, a differenza di quello di beatificazione
  • 2. Via delle virtù. Alcuni altri voti, invece, proponevano di configurare la fattispecie distinta (anche qui, eventualmente con un apposito regolamento) nell’ambito della via delle virtù, per mantenere il concetto storico e tecnico di martirio stricto sensu (di cui nel Maestro), e in quanto l’offerta della vita a imitazione di Cristo costituisce l’espressione massima della carità eroica, corona e sintesi di tutte le virtù.
  • Per facilitare poi la scelta dell’una oppure dell’altra via vennero offerti vari suggerimenti, tra i quali quello di affrontare la questione non nella fase istruttoria della causa, ma in quella preparatoria.

b) Tuttavia la maggioranza dei voti riteneva opportuno configurare una fattispecie distinta, ma alcuni con formulazioni inequivocabili, e qualche altro in termini piuttosto problematici, e inoltre con le seguenti motivazioni variamente differenti, ma complementari tra loro.

  • 1. La fattispecie distinta può facilitare il discernimento di cause di beatificazione in cui di fatto è tornato non facile e problematico collocarle nella via del martirio oppure in quella delle virtù (vennero citati i casi del Servo di Dio Salvo D’Acquisto, del monaco Mettem, di Massimiliano Kolbe, dichiarato prima beato e poi martire, la causa delle Suore Poverelle dell’Istituto Palazzolo di Bergamo, morte di ebola in Congo, la causa del Servo di Dio Antonio Seghezzi, avviata prima super martyrio e modificata in seguito dalla Congregazione in super virtutibus). Secondo un voto, questa fattispecie distinta si intravede nella Lettera Testamento spirituale di Frère Christian, priore del monastero Tibhirine in Algeria, la cui morte avvenne non tanto in odium fìdei, quanto piuttosto motivata dalla donazione della propria vita a Dio per amore del popolo algerino.
  • 2. La fattispecie distinta presenta caratteristiche che rientrano in parte nella via martyrii e in parte nella via virtutum, e costituisce una specie di tertium quid peculiare. In effetti: a) l’offerta della vita (compresa con le caratteristiche sopra indicate e come diretta causa di sicura morte) presenta la sostanza teologica del martirio (è suprema testimonianza a imitazione di Cristo); essa rientra nella fattispecie dei martiri ex officio caritatis et misericordiae, secondo l’espressione di Benedetto XIV. Configurandola come fattispecie distinta, si restringe almeno in parte l’ampia area di insicurezza che la tradizionale descrizione del cosiddetto martirio lato sensu apre a chi deve orientarsi nei casi come quelli appena segnalati; b) l’offerta della vita si colloca all’apice della via virtutum, perché è carità perfetta, corona di tutte le altre virtù e accompagnata in modo particolare da grande fortezza, per cui è più che opportuno distinguerla da tale tradizionale via virtutum e configurarla appunto in una fattispecie distinta.
  • 3.Tale fattispecie distinta per la beatificazione e la canonizzazione costituisce un segno importante per esprimere la centralità della carità verso Dio e verso il prossimo nella dottrina cristiana e nella prassi pastorale.
  • 4. In attuali contesti profondamente segnati da secolarismo e da violenza, dove cristiani e cristiane in gran numero sono perseguitati, mettere in evidenza (come terza via di santificazione) l’offerta della vita per testimoniare la fede cristiana, riveste una grande importanza dal punto di vista della nuova evangelizzazione di tali contesti.
  •     Quesito 5. La procedura giuridica per l’eventuale beatificazione per viam vitae oblationis, oltre l’inchiesta diocesana super vita, virtutibus, oblatione vitae, fama sanctitatis… deve comprendere anche la prova di un miracolo?
  • Rispondendo a quest’ultimo quesito, i Consultori e i Postulatori si collocarono (in numero quasi paritario e con considerazioni e precisazioni variamente diversificate) su due fronti, rispettivamente a favore o contro la prova del miracolo.
  • Coloro che erano orientati a configurare l’offerta della vita nella via delle virtù e anche alcuni favorevoli alla fattispecie distinta ritenevano che fosse necessario il miracolo.
  • Coloro invece che erano orientati a configurare l’offerta della vita nella via del martirio e anche alcuni favorevoli alla fattispecie distinta. ritenevano non necessario il miracolo.

Ma tra gli uni, come tra gli altri, c’era chi suggeriva di tenere nella dovuta considerazione la diversità dei casi, per cui in presenza di accertata e ampia fama sanctitatis e di peculiaria signa da valutare nei singoli contesti ecclesiali e culturali, propendeva a non richiedere il miracolo, o perlomeno a riconoscere l’ampia possibilità di deroga da parte del Papa.

2. In conclusione…

La Sessione Plenaria della Congregazione, tenuta il 27 settembre 2016, completò il lavoro del “Congresso Peculiare”, sciogliendo alcuni dubbi che erano rimasti.

Così il Papa promulgò il Motu Proprio, che fin da suo primo articolo – come già si è visto – autorizza la nuova via di beatificazione e di canonizzazione.

Decisivo è il secondo articolo del Motu Proprio, dove è precisato il concetto di “offerta della vita”, ma è esclusa l’equiparazione al martirio, per cui vengono richiesti i due miracoli, uno per la beatificazione e l’altro per la canonizzazione, ovviamente dopo la morte del Servo o della Serva di Dio.

Vi si recita: “L’offerta della vita, affinché sia valida ed efficace… deve rispondere ai seguenti criteri:

a) offerta libera e volontaria della vita ed eroica accettazione propter caritatem di una morte certa e a breve termine;

b) nesso tra l’offerta della vita e la morte prematura;

c) esercizio, almeno in grado ordinario, delle virtù cristiane prima dell’offerta della vita e, poi, fino alla morte;

d) esistenza della fama di santità e di segni, almeno dopo la morte;

e) necessità del miracolo per la beatificazione, avvenuto dopo la morte del Servo di Dio e per sua intercessione” (art. 2).

Gli articoli successivi (3-6) del Motu Proprio sono meno rilevanti per la nostra indagine. 

In sostanza, essi si limitano a ribadire la validità delle procedure ordinarie stabilite dalla Divinus Perfectionis Magister (artt. 3 e 5) e dalle Normae servandae in inquisitionibus ab Episcopis faciendis in Causis Sanctorum (art. 6). 

I tutti e due i testi viene però inserito di volta in volta – subito dopo il riferimento alla eroicità della vita e delle virtù, e prima di quello al martirio – il lemma “offerta della vita”. 

L’art. 4 specifica che la Positio sull’offerta della vita deve rispondere al dubium: An constet de heroica oblatione vitae usque ad mortem propter caritatem necnon de virtutibus christianis, saltem in gradu ordinario, in casu et ad effectum de quo agitur.

Complessivamente, non sono ancora molte le Cause che utilizzano questa nuova via. Alcune si trovano in fase di istruttoria diocesana, per altre i relativi atti sono già pervenuti alla Congregazione (oggi Dicastero) delle Cause dei Santi. Una, in particolare, sembra in stato notevole di avanzamento.

Come si può constatare, il Motu Proprio non altera la dottrina della santità né la procedura tradizionale della Chiesa. Piuttosto, esso arricchisce di opportunità il riconoscimento canonico di altri santi, per l’edificazione del popolo di Dio,  

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