Mons. Dal Covolo, La pace

SALUTO

in occasione del Premio dell’Accademia Bonifaciana di Anagni

a Sua Eminenza Rev.ma il Signor Cardinale Gianfranco Ravasi

Anagni, 10 febbraio 2024

Com’è ovvio, la mia non potrà essere in alcun modo una relazione introduttiva. 

Il Relatore, qui presente, è Sua Eminenza il Cardinale Gianfranco Ravasi, al quale da lungo tempo mi legano rapporti di stima, di amicizia e di deferente affetto. 

Grazie, Eminenza, per aver accolto il nostro invito!

Il mio sarà un semplice saluto, sia pure – se Lei mi permette – articolato in alcuni punti, con un fervido auspicio conclusivo.

1. Comincio dunque con il doveroso saluto a tutte le Autorità presenti, civili, militari e religiose; saluto in particolare – insieme al padrone di casa, il nostro Sindaco – il Grande Ufficiale Sante de Angelis, generoso Fondatore e Presidente dell’Accademia Bonifaciana.

2. Come alcuni tra voi già sanno, di recente è stata trovata – in circostanze stranamente (o provvidenzialmente) fortunate – una statua del Cristo senza mani.

L’abbiamo presentata in un’aula prestigiosa del Senato del Repubblica, un paio di settimane fa. 

Ed ecco il leit motiv di questa presentazione: “Saremo noi le sue mani”. 

Lo saremo, infatti, per avviare processi di pace e di promozione umana in questo momento storico devastato da pericolosi conflitti. Lo saremo, per restituire all’Italia e all’Europa il loro ruolo, nel rispetto dei valori autentici, di cui lungo i secoli esse – l’Italia e l’Europa – sono state depositarie e testimoni. 

Lo affermava con energia un papa santo, rivolgendosi al Presidente della Repubblica Italiana. Durante la sua visita al Quirinale, nel 1986, Giovanni Paolo II disse fra l’altro: “Il popolo italiano è destinatario e custode privilegiato dell’eredità degli Apostoli Pietro e Paolo: un’eredità vivente, come lo dimostra una testimonianza ininterrotta di santità, di carità, di promozione umana nelle realtà sociali di oggi”. 

3. In verità, è Gesù stesso che consegna ai suoi discepoli la pace: “Vi lascio la pace”, dice a loro. “Vi dono la mia pace”.

E’ su questa espressione del Maestro che vorrei svolgere due brevi considerazioni.

Ecco la prima. 

Gesù parla della “mia” pace. La sua non è dunque la pace del mondo, e non si identifica con la semplice assenza di conflitti.  La pace di Augusto e degli imperatori di Roma, la cosiddetta pax Romana, mirava proprio a questo, l’assenza dei conflitti. Ma Tacito aveva buon gioco nel ribattere: “Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant”. Dove fanno il deserto, lo chiamano pace… 

No. La pace che Gesù consegna ai suoi discepoli è molto di più. Si rifà al concetto ebraico di shalom, che ha una valenza globale, cosmica. E’ la pace con Dio, è la pace tra gli uomini, è la pace con l’ambiente naturale, è la pace dell’uomo con se stesso. 

Testimone illustre di questa pace è Francesco d’Assisi, “fratello del Signore”. Egli stesso, patrono della nostra Italia, potrebbe pregare così: “O Cristo senza mani, fa’ di me un testimone della tua pace!”.

Ed ecco la seconda osservazione.

Nei discorsi missionari dei Vangeli, Gesù ordina ai suoi discepoli di diffondere la pace. Così la pace del Signore è un dono impegnativo, che va in qualunque modo partecipato ai fratelli e alle sorelle. 

Anziché lasciarci andare a interminabili diatribe sulla guerra giusta o ingiusta, sulla guerra di offesa o di difesa, dovremmo piuttosto impegnarci nel prevenire la guerra, e stabilire giorno per giorno una “pace preventiva”. Perché qualunque guerra – come non si stanca mai di ripeterci il Papa Francesco – è sempre e comunque una sconfitta. Sempre! 

“Sangue chiama sangue”, scrivevano già gli antichi tragici greci del quinto secolo, ben prima di Cristo.

4. Giungo qui al punto conclusivo, e al fervido auspicio del mio saluto. 

Per essere mani di pace, dobbiamo essere testimoni di pace, a cominciare da noi stessi. Uno non può dare ciò che non ha.

Molte persone, in queste settimane, mi domandavano: “Il 2024 sarà un anno migliore?”. E io rispondevo sempre con le parole di Sant’Agostino: “Sarà un anno migliore, se tu sarai migliore”. Avremo un mondo più in pace, se tu sarai un uomo o una donna di pace…

Raccogliendo la tradizione della Bibbia e dei Padri, San Benedetto, patrono d’Europa, fin dall’inizio della sua Regola invitava all’ascolto, al dialogo: Obsculta, o fili! 

Obsculta – scrive Benedetto –: è questa la lectio migliore della tradizione manoscritta, rispetto al semplice Ausculta. Obscultare è un ascolto profondo, che ti trapassa il cuore come una spada a due tagli.

E dunque obsculta, cara vecchia Europa, e convertiti. Distendi le tue mani sul mondo, per essere strumento di pace! Dai le tue mani al Cristo senza mani! 

Forte delle tue profonde radici, sii maestra di dialogo, in maniera feconda e creativa, con le culture e le religioni di questo tempo.

Dobbiamo essere grati al Cardinale Ravasi, che vorrei oggi allineare nella lista dei testimoni di pace, dalle origini della Chiesa fino al nostro tempo: e come dimenticare il Papa buono, San Giovanni XXIII, e la sua storica Enciclica Pacem in terris?

Auspico infine che le lodevoli iniziative della prestigiosa Accademia Bonifaciana non siano – come di fatto non sono – qualche cosa di occasionale, senza sèguiti concreti, ma che, con la collaborazione di tutti noi, giungano a promuovere efficacemente quei processi di pace e di promozione umana, specialmente nelle zone più povere e devastate del mondo, che essa statutariamente si propone.

Grazie, carissimo Sante, per quello che stai facendo. 

Tu e i nostri Soci affezionati stiamo dando veramente le nostre mani al Cristo senza mani, per la pace nel mondo.

              + Enrico dal Covolo