Mons. Dal Covolo, L’uomo della sindone

«Come mai il popolo fedele», si è chiesto Papa Francesco, riferendosi all’ostensione della Sindone, «come mai il popolo fedele, come voi, vuole fermarsi davanti a questa Icona di un Uomo flagellato e crocifisso?». 

«Perché», ha risposto Francesco, «l’Uomo della Sindone ci invita a contemplare Gesù di Nazaret. Questa immagine – impressa nel telo – parla al nostro cuore, e ci spinge a salire il Monte del Calvario, a guardare al legno della croce».

Ritorniamo dunque alla scena della Crocifissione, così come ce la presenta Marco, l’evangelista più antico. 

Marco sottolinea fortemente la solitudine di Gesù sulla croce, una solitudine che culmina in quel grido: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».

Ai piedi della croce, intanto, si consuma il dramma della fede vera e della fede falsa, e il Crocifisso ne è lo spartiacque: da una parte, la fede di chi pretende che il Messia abbandoni la croce e compia i miracoli; dall’altra, la fede di chi, come il centurione, coglie la divinità di Gesù proprio sulla croce.

Al centro di queste tensioniecco l’esito della costruzione narrativastanno ancora Gesù e il Padre, come al Getsemani. Anche qui il silenzio del Padre non spezza neppure per un istante la comunione del Figlio con lui: «Dio mio, Dio mio…». Ma il Padre tace. E Gesù muore con una domanda, con la domanda: «Perché?…».

E subito la scena si capovolge, e l’apparente sconfitta diventa vittoria. Prima della morte tutto è contro Gesù, e tutto, compresa la sua morte, sembra dar ragione a coloro che deridono le sue pretese. Ma, appena morto, la prospettiva si capovolge. Vedendolo morire in quel modo, il centurione dice: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!».

Marco non attende la risurrezione per dimostrarci la forza vittoriosa della croce. Fra l’altro, molto probabilmente il suo racconto si arrestava alla tomba vuota. Per lui la morte di croce porta già inscritta la vittoria sulla morte. Una vita donata così, fino allo scandalo, non può finire. Dura per sempre.

    In questo senso la croce per Marco è luogo di rivelazione, non solo gesto di salvezza. La croce svela il volto del Padre e del Figlio, tutti e due impegnati nell’Amore che vince la morte. La risurrezione conferma la verità della croce, ma non la muta. Mostra che la croce è la verità di Dio, ed è una verità vincente, ma non ne cambia i tratti di dolore e di scandalo.

    Il Cristo risorto ha sempre il volto del dono di sé, come il Cristo crocifisso.

    E’ proprio questo il progetto di vita che noi contempliamo, guardando all’Uomo della Sindone. 

    Di qui scaturisce un appello irresistibile per ciascuno di noi. Lo possiamo esprimere con la giaculatoria famosa di sant’Ignazio di Loyola: «Che io ti conosca intimamente, o Cristo, e – tuo compagno nella Passione – possa risorgere con te!».

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