Mons. Dal Covolo, San Francesco di Sales

OMELIA NELLA MEMORIA DI SAN FRACESCO DI SALES

24 gennaio 2023

Letture:

Efesini 3,8.12

Giovanni 10,11-16

Cari fratelli e care sorelle,

come ben sapete, l’omelia non è un panegirico del santo vescovo e dottore della Chiesa, che oggi celebriamo.

Essa è, invece, una semplice conversazione (questo è il significato del termine omelia) sui testi che la liturgia della parola ci propone.

1. Partiamo dunque dalla prima lettura. Qui ci viene prospettata una singolare identificazione tra Paolo, l’apostolo delle genti, e Francesco di Sales, il dottore della divina misericordia del Sacro Cuore di Gesù.

Paolo, come Francesco, scruta “le imperscrutabili ricchezze di Cristo”, “che ci dà il coraggio di avvicinarci in piena fiducia a Dio, per la fede in lui”. 

E’ Cristo l’ancora della nostra fede, e quest’ancora trova il suo centro di gravità nel cuore del buon pastore.

2. Il buon pastore per eccellenza è Gesù Cristo stesso, come afferma la seconda lettura, il vangelo che abbiamo appena letto. Ma buon pastore, a immagine di Cristo, è pure san Francesco di Sales. 

“Io sono il buon pastore”, dice Gesù; “conosco le mie pecore, ed esse conoscono me”.

Ho un ricordo indelebile, di quando ero ancora un ragazzino. Durante una gita in montagna, con la mia famiglia, siamo arrivati in un grande prato verde. In fondo al prato c’era un abbeveratoio, e molte pecore stavano a dissetarsi. A un certo punto un ragazzo, che avrà avuto più o meno la mia età, e che guidava il gregge, fece un grido ben modulato: “Oh, oh!”. Immediatamente, tutte le pecore si misero in fila, in buon ordine, per riprendere il cammino. Rimasi molto meravigliato, e andai dal ragazzo a chiedergli: “Ma come hai fatto? Se facessi anch’io lo stesso grido, le pecore si metterebbero a camminare dietro di me?”. Lui mi sorrise, e mi disse: “Prova!”. Ci provai più volte, ma le pecore rimanevano ferme. Al massimo, qualcuna mi lanciava uno sguardo di compassione. Quando invece il pastorello ripeté il suo grido, tutte docilmente si misero a seguirlo.

Allora ho capito meglio la parola di Gesù: le mie pecore conoscono me, la mia voce, e mi seguono. Io sono il buon pastore!

Anche Francesco di Sales, da buon pastore, aveva un grido: “Morire e amare!”.

Su questa vocazione di ogni cristiano all’amore misericordioso, il santo vescovo scrisse a Filotea: “Dovunque ci troviamo, possiamo e dobbiamo aspirare alla perfezione”.

Si tratta di una perfezione che proviene dalla contemplazione appassionata del cuore di Gesù.

Il culto del cuore di Gesù, trafitto dalla lancia del soldato, ha origini molto antiche – si pensi anzitutto a Giovanni, il discepolo amato, che nell’ultima cena poggiò il suo capo sul cuore del Maestro –; ma è proprio nella Filotea che scopriamo la singolare devozione e l’amore di san Francesco di Sales per il cuore di Gesù. Dal cuore di Gesù, colui che ci conosce per nome, “impariamo l’umiltà che ci fa crescere nella perfezione davanti a Dio, e la dolcezza, che ci fa crescere davanti al prossimo”.

Questo amore, di cui è impregnato il cuore del buon pastore, passa in Giovanna di Chantal e in tutti i monasteri della Visitazione.  Quando, il 10 giugno 1611, le prime tre novizie visitandine emisero i loro voti di povertà, castità e obbedienza, Francesco di Sales scrisse a Giovanna di Chantal: “La nostra piccola Congregazione è un’opera del cuore di Gesù e di Maria”.

Nello stemma dell’Ordine della Visitazione due frecce trafiggono un cuore, che è insieme quello di Gesù e di Maria. Queste frecce trafiggono anche la consacrata visitandina nel suo cuore, circondato dalla corona di spine e sormontato dalla croce.

Come sappiamo, fu proprio una visitandina, santa Margherita Maria Alacoque, a ricevere da Gesù la missione di diffondere la devozione del Sacro Cuore nella Chiesa e nel mondo.

Mi ha confidato un giorno una suora visitandina: “La corona di spine che abbraccia il nostro cuore richiama il Calvario, perché noi siamo nate là. Francesco di Sales sosteneva che il monte Calvario è il monte degli amanti. O morire o amare! Morire e amare!”.

Il buon pastore, che sul Calvario ha dato la vita per il gregge, ci ripete lo stesso grido, con la bocca di san Francesco di Sales: “Morire e amare!”

3. In questa Messa – che rinnova il sacrificio del buon pastore – vogliamo chiedere al Signore che ci faccia assomigliare a Francesco nella pazienza, nella dolcezza, nella semplicità e nella fede, che lo hanno reso così simile a Gesù, il buon pastore, mite e umile di cuore. 

Preghiamo perché il nostro cuore sia sempre più conforme al cuore di Cristo e al cuore di Francesco: solo così ogni fedele del santo popolo di Dio riconoscerà in noi la voce dell’Amato, e accorrerà con tutto il cuore al grido del suo amore. 

Amen!

                                    + Enrico dal Covolo        

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